Enza Cusmai
da Milano
Siamo sani, fumiamo meno, siamo longevi anche se accusiamo, a una certa età, qualche acciacco di stagione. Facciamo anche qualche figlio in più rispetto agli anni bui della crescita zero. E ci divertiamo. Andiamo al cinema, allo stadio e anche a vedere mostre o a visitare musei. Più di prima. Non rinunciamo alle vacanze canoniche e anche quelle dei lunghi week end. Andiamo al lavoro in automobile (e chi la molla?) snobbando i mezzi pubblici. A pranzo riusciamo anche a fare il break lungo per gustarci a casa un piatto di pasta al posto del tristissimo panino nel bar sotto l’ufficio. Naturalmente non ci spostiamo mai senza il cellulare, è ormai è la nostra seconda pelle e ci accompagna ovunque. Anche in banca, dove i nostri depositi bancari crescono. Non c’è da lamentarsi dunque? Massì che bisogna lamentarsi. Rientra nella logica della vita moderna, stressante e vorticosa, individualista e consumistica. E così gli italiani che dovrebbero sorridere alla vita sono scontenti. Peggio. Si sentono addirittura poveri. Una sensazione che accompagna il 48,8% della popolazione, quasi la metà degli abitanti dello stivale, il 7% in più del 2002.
Nello sfogliare il diario dell’Istat 2005 ci sono migliaia di numeri, statistiche e percentuali sulle tante facce della nostra vita quotidiana. Ma la sensazione forte che emerge a scorrere le cifre è questa vena di insoddisfazione. Scorre in quasi la metà degli italiani. Che vorrebbero di tutto e di più. A cominciare dai soldi che circolano nei portafogli.
Poveri Aumenta l’insoddisfazione della propria condizione economica, nonostante il tasso di disoccupazione sia sceso a livello nazionale dall'8,4% all'8,0% lo scorso anno. Il 47,8% delle persone sono poco o per niente soddisfatte della propria situazione economica: il 47,8% contro il 44,2% del 2003, con un incremento notevole soprattutto al Sud e al Centro. Il quadro non cambia di molto se si passa alla percezione delle famiglie che criticano le proprie disponibilità economiche, scarse o insufficienti per il 41,6% (39,9% due anni fa) con punte negative nel Mezzogiorno. Anche il proprio lavoro delude, soprattutto nel Sud, meno al Nord. E proprio su questi dati «gravissimi» la sinistra punta il dito senza valutare l’aspetto psicologico che secondo gli esperti pesa moltissimo. «Sentirsi più poveri non vuol dire essere più poveri», spiega la sociologa Chiara Saraceno che, facendo riferimento all’aumentata voglia di effimero degli italiani, aggiunge: «Non voglio sottovalutare la perdita di potere d'acquisto degli italiani, ma ormai ci sono consumi che vengono percepiti come una necessità».
Cellulari indispensabili. I telefonini fanno scuola. Gli italiani non badano a spese soprattutto quando si tratta di comprare un telefonino: lo possiedono 3 famiglie su 4. Il 40% invece è dotato anche di computer. E a dispetto della sensazione di povertà, crescono anche i depositi bancari di oltre il 5% rispetto al 2003. Non è finita. La spesa delle famiglie nel 2004 è rimasta sostanzialmente invariata: i consumi sono ammontati in media a 2.381 euro, il 3,2% in più del 2003. L'aumento si annulla però considerando il tasso di inflazione e gli aumenti degli affitti.
In forma. Se il portafoglio degli italiani non piange così come si vorrebbe far credere, la loro salute è in condizioni ottimali. Gli italiani stanno proprio bene, gli uomini ancora meglio. Il 73,4% della popolazione nel 2005 definisce «buono» il proprio stato di salute e bisogna superare i 75 anni per lamentarsi del tempo che passa. I nonni del Belpaese lamentano parecchi acciacchi come l'artrosi o l’artrite (18,3%), l'ipertensione (13,8%), le malattie allergiche (9%), l'osteoporosi (6,7%), la bronchite cronica o l'asma bronchiale (6,4%), il diabete (4,2%). Aumenta con l’età il consumo di farmaci, soprattutto tra le donne, mentre diminuisce quello del fumo: gli amanti della sigaretta sono a tutto il 2004 il 22% della popolazione, contro il 23,9% del 2003.
Più longevi. Visto che si vive bene, si vive più a lungo. E la speranza di vita continua ad allungarsi, arrivando ad oltre 83 anni per le donne e a quasi 78 per gli uomini. Anche l'indice di vecchiaia, cioè il rapporto tra la popolazione con più di 65 anni e quella con meno di 15, registra un ulteriore incremento, raggiungendo 137,7 (era 135,9 nel 2003).
Più convivenze. Italiani disillusi sulle tradizioni.
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