Ecco una storia di Natale a lieto fine, come si conviene, e anche istruttiva. È accaduta a Colle Val d'Elsa, antica cittadina del senese ormai diventata famosa per la moschea e il centro islamico che il comune vuole costruire nonostante il parere contrario della maggioranza della popolazione. Nell'ambito di una qualche iniziativa religiosa, l'arcivescovo Antonio Buoncristiani era stato invitato a salutare gli alunni e gli insegnanti di una scuola elementare: la stessa che ho frequentato io, cresciuto appunto a Colle Val d'Elsa.
Non ricordo proprio, e me lo ricorderei, che un vescovo sia mai venuto a fare visita a quelli della mia generazione. Ma è certo che, se avesse voluto, nessuno avrebbe tentato di impedirglielo, benché l'amministrazione fosse a stragrande maggioranza comunista, come del resto lo è ancora, sotto l'ombrello dell'Unione. Stavolta, invece, qualcuno si è opposto. Chi? I feroci saladini musulmani che non vogliono contaminazioni religiose? Macché. Il niet è venuto nientemeno che dal consiglio d'istituto, composto dai genitori e dagli insegnanti degli alunni, quasi tutti cristiani. Gli sconsigliati consiglieri hanno ritenuto opportuno negare il permesso all'arcivescovo: per rispetto verso la minoranza religiosa islamica, hanno detto, fieri del loro essere «politicamente corretti».
I consiglieri non hanno preso in seria considerazione ciò che sarebbe stato corretto davvero: permettere ai bambini di ricevere il buon Natale da quello stesso prelato che - cresimandoli con il consenso dei genitori - li ha accolti nelle schiere dei combattenti di, e per, Cristo. In realtà c'è da dubitare che il rispetto c'entri qualcosa, perché chi ha davvero il senso del rispetto pretende anzitutto di riceverlo, come condizione indispensabile per ricambiarlo. C'è invece da credere che a Colle Val d'Elsa, come nel resto d'Italia e in buona parte d'Europa, si sia temuto di irritare i musulmani, rinunciando ai propri diritti non tanto per delicatezza verso i loro, ma per evitare rogne o peggio ancora per un malinteso senso di giustizia. Lo stesso malinteso senso di giustizia sociale per il quale il comune vuole a tutti i costi costruire moschea e centro islamico senza tenere in alcun cale il parere della cittadinanza.
Se il comune avesse voluto costruire, al posto della moschea, una discarica o una centrale d'energia avrebbe almeno preso in considerazione le proteste popolari: si sa, la salute è la salute. Quello che non si è voluto riconoscere ai cittadini di Colle Val d'Elsa è il diritto di difendere la propria cultura. Forse perché non li si ritiene all'altezza di occuparsi di un problema così sofisticato, né abbastanza democratici (quindi indegni della democrazia) da poter decidere da soli. Negando ogni validità e attenzione al referendum organizzato da una parte dei colligiani, il comune ha compiuto uno scempio civile, come sono uno scempio barbarico gli atti vandalici compiuti (pare da gruppi di estrema destra) sulle fondamenta della moschea. Brutte storie.
Ma le storie di Natale hanno tutte un lieto fine, e questa non fa eccezione. Il lieto fine è che, anche a Colle Val d'Elsa, qualcuno ha definito la censura alla visita dell'arcivescovo come un «malinteso senso del rispetto».
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