Mangiare di meno fa bene e migliora la qualità della vita. Dagli organismi unicellulari all'uomo, tutti gli esseri viventi campano più a lungo grazie alla riduzione dell'apporto calorico. Tutti sanno che invecchiando è necessario essere più morigerati a tavola. Un principio noto da sempre ma che ora si salda ad una ricerca scientifica come viene spiegato nell' articolo pubblicato sull' ultimo numero di Science che passa in rassegna i meccanismi metabolici e molecolari che rallentano l'invecchiamento e promuovono salute negli animali da esperimento e nell'uomo sottoposti ad un regime di restrizione calorica o ad altri interventi genetici e farmacologici che simulano la restrizione calorica.
Il primo autore dello studio è Luigi Fontana, direttore del Reparto di Nutrizione ed Invecchiamento dell'Istituto Superiore di Sanità, e responsabile di un progetto di collaborazione internazionale tra l'ISS e la Washington University School of Medicine di St Louis negli Stati Uniti, che ha studiato per primo gli effetti di questo regime dietetico sull'uomo.
Enrico Garaci, Presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, spiega che il primo obiettivo di questi studi «è quello di comprendere i meccanismi metabolici e le basi molecolari che regolano l'invecchiamento e la loro correlazione con l'insorgenza delle malattie, in particolare quelle cardiovascolari, tumorali e neurodegenerative, per fare in modo che all'aumentare della vita media corrisponda un aumento anche della sua qualità».
Garaci spiega che «la popolazione continua a invecchiare ma non in salute». Oggi, prosegue Garaci, «la speranza di vita alla nascita in Italia è di circa 80 anni, 83 anni per le donne e 78 per gli uomini. La speranza di vita in salute, però, è solo di 50 anni, dunque per almeno 30 anni i nostri cittadini sono soggetti a malattie di vario genere causando un costo sanitario enorme. La sfida è quella di ridurre in pochi anni il gap tra speranza di vita e speranza di vita in salute».
Nell'articolo si sostiene che tagliando l'apporto calorico dal 10 al 50 per cento diminuisce l'attività delle vie di segnale intracellulare di alcune importanti vie metaboliche, come per esempio la via del fattore di crescita insulino-simile (IGF-1), e la via che regola l'mTOR ("bersaglio" della rapamicina), e aumenta considerevolmente la vita degli animali sottoposti a questi regimi dietetici riducendo l'insorgenza della maggior parte delle patologie associate all'invecchiamento. Simili effetti anti-invecchiamento e anti-malattie si ottengono in animali da esperimento in cui si modificano geneticamente o farmacologicamente queste stesse vie di segnale cellulare, simulando uno stato di restrizione calorica. Si tratta di «meccanismi ancestrali», spiega il professor Fontana. Meccanismi, prosegue «che si sono conservati dal lievito all'uomo per proteggere i nostri geni durante periodi di carestia e permettere la trasmissione del migliore patrimonio genetico da una generazione all'altra quando ritorna l'abbondanza di cibo».
Sulla scia dei risultati ottenuti dalla restrizione calorica negli animali, un gruppo di 50 volontari per sette anni ha ridotto volontariamente l'apporto calorico circa del 30 per cento nella speranza di allungare la durata della propria vita e di prevenire le comuni malattie che avevano colpito i loro parenti ed amici. I risultati ottenuti da questi pionieri sono spettacolari: tutti i fattori di rischio cardiovascolari sono migliorati drasticamente, le arterie carotidi sono pulite, ed il loro cuore è più giovane di circa 15 anni. «Il rischio di sviluppare un infarto cardiaco, un ictus cerebrale o una scompenso cardiaco - dice Fontana - è bassissimo, praticamente nullo».
Anche i fattori metabolici associati ad un aumentato rischio di cancro sono diminuiti in questi volontari che hanno adottato una dieta povera di calorie ma ricca di vitamine, sali minerali e fitocomposti. Ma per Fontana questo risultato non è sufficiente. «Penso che sia il sogno di ognuno di noi - afferma Fontana - poter arrivare a 90 o 100 anni fisicamente e mentalmente sani, e spegnersi dolcemente nel sonno. Il nostro obiettivo è far diventare presto il sogno realtà, visto che stiamo scoprendo i meccanismi molecolari che regolano l'invecchiamento e lo sviluppo delle malattie associate alla vecchiaia». Fontana spiega che il 30 per cento degli animali sottoposti a restrizione calorica muoiono in età avanzata senza le patologie normalmente associate all'invecchiamento mantre la maggioranza (94 per cento) degli animali che seguono una dieta standard sviluppano o muoiono di una o più malattie croniche come cancro o patologie cardiache. In sintesi, prosegue Fontana, «in circa il 30 per cento degli animali sottoposti a restrizione calorica o che presentano mutazioni genetiche delle vie di segnale che regolano l'invecchiamento la durata della vita in salute coincide con la durata della vita. Muoiono senza aver sviluppato nessuna malattia e senza aver sofferto».
Attenzione però possono esserci anche effetti negativi. Tra le persone che praticano un regime di restrizione calorica severa nella speranza di prolungare al massimo la durata della loro vita i ricercatori hanno osservato che un effetto collaterale è il calo della libido, poiché la restrizione calorica riduce i livelli di testosterone, un fattore di rischio per il cancro della mammella e della prostata. «Queste persone inoltre sono più sensibili al freddo - precisa Fontana - perché la restrizione calorica riduce il metabolismo basale e modifica il sistema di termoregolazione del corpo».
I risultati di questi studi serviranno a cambiare il modo di prescrivere le diete e considerare il ruolo dell'alimentazione.
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