Il piano di Pollini alla Scala esplora il romantico Chopin

Serata «straordinaria» della Società dei concerti domani nella sala del Piermarini Un tributo ammirato al compositore polacco

Piera Anna Franini

Maurizio Pollini e Chopin. Il pensiero corre dritto dritto al Concorso di Varsavia che Pollini (Milano, 5 gennaio 1942) vinceva a soli 18 anni eseguendo quattro fra gli Studi più terribili di Chopin e, alla finale, il Primo concerto.
Il tipico programma di un «candidato al manicomio o alla vittoria» fu il commento. L’esito confermava la seconda tesi. In giuria sedeva Arthur Rubinstein che assieme ad Alfred Cortot è poi rimasto il punto di riferimento dello Chopin di Pollini, ammirato per «l’attenzione all’equilibrio formale» e per il gusto moderno che si traduce «in un rubato più riservato rispetto alla tradizione d’Ottocento», ci spiegò Pollini in occasione di una presentazione di cd chopiniani per la Deutsche Grammophon.
Pollini, pianista di assoluto riferimento della propria generazione, di Milano, ma raramente impegnato in recital milanesi, domani sera suona alla Scala (ore 20), per un concerto straordinario organizzato dalla Società dei Concerti.
Un concerto che rende omaggio in modo esclusivo a un compositore, o forse «il» compositore d’elezione di Pollini: Chopin. In programma, alcuni Notturni, la Terza ballata, la Seconda sonata e il Primo scherzo. Pagine dove il romanticismo si sposa alla perfezione formale, e la componente lirica «convive con quella drammatica mentre l’intimità sfocia in grandi opere dal piano grandioso», ha spiegato Pollini con quel dono della sintesi spesso proprio di chi è laconico.
Pollini è la discrezione fatta persona, una discrezione che spesso rasenta il top secret e imbarazza l’intervistatore di turno che sente – sempre e comunque: anche con domande innocue – di essere in fase di invasione.
Pollini rompe il velo della riservatezza ad oltranza quando il discorso cade suoi giovani concertisti (sarà che è pure padre: di Daniele, pianista-compositore). Si rattrista all’idea che «buonissimi interpreti, con una preparazione straordinaria, capaci di affrontare repertori estremamente diversi hanno difficoltà a inserirsi nella vita musicale». Più volte ha posto la propria arte al servizio di cause sociali, vedi le partecipazioni a concerti nelle fabbriche, carceri
Pollini è pianista di larga popolarità, è quasi automatico che i suoi cd campeggino in testa alla hit parade dei cd classici più venduti. La cosa, poi, sorprende quando il cd in oggetto è dedicato a un’opera di non facile percezione come le Variazioni Diabelli di Beethoven.
Pollini, interprete a tutto campo. In confidenza con Schoenberg, Webern e Boulez per i quali sfodera l’inclinazione all’analisi che costituisce uno dei tratti peculiari del suo pianismo. Scavo analitico, cui immette un soffio lirico, quando affronta il tardo Ottocento di Brahms, ma anche le geometrie malinconiche e irrequiete di Schubert.

Compositori che Pollini ama accostare in modo apparentemente provocatorio, ma al fine di spiegare le relazioni sotterranea che legano il Novecento, di cui è fiero paladino, al passato. Ecco giustificata l’abbinata: Luigi Nono e Gesualdo da Venosa, per esempio.

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