Francesca Amé
Ammettiamolo: qualche piccolo privilegio nella nostra categoria esiste. Alla cronista ne è capitato uno speciale, ieri: vedersi aprire la porta di alcune delle dimore private più belle di Milano. È andata più o meno così.
Achille Colombo Clerici è il sanguigno presidente di Assoedilizia: non si tratta di unassociazione di costruttori di case, ma di proprietari che, per fortune familiari o capacità personali, si trovano a gestire (o ad albergare) alcuni degli edifici più antichi del centro. Con 9mila soci («Siamo la borghesia storica della città», dice orgoglioso il presidente), il gruppo ha a cuore il recupero di molte zone di Milano. Pochi giorni fa lintuizione: invitare Vittorio Sgarbi, assessore alla Cultura, a farsi un giro tra queste dimore sulle tracce dei (pochi) resti della Milano romana. Parliamo di via Brisa, dove gli scavi sono evidenti, di via Cappuccio, dove è rimasto, inserito in un edificio, solo un torrione ottagonale di quello che fu lantico circo, di via Circo, che ha appunto mantenuto il nome originario, di via Vigna e dintorni. Con Sgarbi e un gruppo di soci di Assoedilizia, a passo svelto e concitato, siamo andati a vedere. Obiettivo: ammirare il bello e denunciare le magagne. Infatti si comincia male: in via Brisa cè un parcheggio malcurato che i residenti vorrebbero al più presto eliminare. Pronta risposta dellassessore: «La città deve avere rispetto di se stessa. Prima di pensare ai grattacieli sarebbe meglio occuparsi delle aree storiche in degrado: basterebbero interventi minimi per restituire il decoro. Questo parcheggio non ha alcuna ragione di esistere».
Gli «eredi» della Milano romana chiedono di valorizzare la zona (allangolo di via Gorani cè una casa che cade in rovina e un edificio che, per dirla con Sgarbi, «sarebbe meglio coprire con dei graffiti») e promuoverne la conoscenza delle dimore e dei cortili storici. Risposta dellassessore: «Dobbiamo meditare a come questi luoghi, che pur restano privati, possano essere restituiti nel loro grande fascino alla città, mantenendo e non snaturando la loro fisionomia». Come? «Lavorando sul rapporto tra pubblico e privato, magari ospitando un festival musicale simile a quello di Spoleto in uno di questi giardini». Già, i giardini. Solo in via Cappuccio ce ne sono alcuni da lasciare a bocca aperta: come casa Riboldi dove la signora Adriana, 93 anni ben portati, apre le porte di una dimora che trasuda arte e raffinatezza. Oppure casa Radice Fossati, che da sola merita una visita attenta (Sgarbi si diverte a studiarne gli affreschi). Cè poi il cortile di casa Cavigioli, che ha una piscina antica che la signora Antonella dice essere «tutto merito del gusto dei miei genitori». Sgarbi si è poi perso tra le stanze di casa Ucelli di Nemi che, con il suo antico chiostro e un grande giardino, è forse tra gli edifici più significativi della zona.
Il tour si chiude allAmbrosiana: tutti stanchi, tranne Sgarbi che approfitta per una visita in Pinacoteca. Cè il tempo per una battuta su piazza di Santa Maria delle Grazie: «Con un milione e 300mila euro si risistema.
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