Per Piazza Affari un giorno da leoni: sale del 9% con Asia e resto d’Europa

Per le Borse europee ieri è stato il giorno della riscossa. Dopo quasi una settimana e mezzo di forti ribassi sono scattati gli acquisiti che hanno fatto aumentare la capitalizzazione di 340 miliardi di euro. Certo una goccia di fronte ai due mesi di passione dei listini che hanno lasciato sul terreno il 30% del loro valore. Ieri, però, complice il taglio dei tassi deciso dalla Fed in serata e grazie alla chiusura in forte rialzo dei listini asiatici, il Mibtel ha guadagnato l’8,48% a 15.874 punti e l’S&P/Mib il 9,87%. Si tratta del maggior rialzo in una giornata dal 1998. A dire il vero il rally a piazza Affari è partito al rallentatore. Fino a metà giornata, attendendo forse una brutta sorpresa dall’apertura di Wall Street, Milano si è mostrata brillante ma non pienamente convinta. Solo l’apertura, pur in leggero calo ma senza il panico degli altri giorni, della Borsa americana ha fatto prendere fiducia ai trader italiani. Che alla fine ci hanno creduto spingendo le banche e i titoli legati al settore energetico in forte rialzo.
Tra le blue chip, la migliore performance è stata realizzata da Intesa Sanpaolo, che ha recuperato così in parte le fortissime perdite delle ultime sedute. Le azioni sono balzate del 17,51% a 2,55 euro senza dimenticare ovviamente che dall’inizio dell’anno il titolo ha perso oltre il 50%. In scia anche gli altri istituti, anche loro in fortissima perdita dall’inizio dell’anno, come Ubi (+11,31%), Unicredit (+11,21% a 1,707 euro ancora dunque ben lontana da quota 2 euro) e Banco Popolare (+10,6%). Bene anche il settore petrolifero con Tenaris ha fatto segnare +17,12%, Eni +17,01% e Saipem +16,55%. In realtà il segnale del possibile forte rimbalzo era partito l’altro ieri grazie a Wall Street che aveva fatto segnare un rialzo del Dow Jones del 10,88% e all’exploit di Tokio che ieri mattina era salita del 7,7% L’onda lunga rialzista è partita dall’Asia, con il Giappone (+7,7%) galvanizzato dalla discesa dello yen nei confronti dell’euro e del dollaro e dall’ipotesi di una riduzione dei tassi (già bassissimi, allo 0,5%) anche da parte della Banca centrale.
In Europa, di fronte a Praga salita di oltre il 13%, c’è anche la realtà di Francoforte che ha archiviato la giornata con un misero più 0,45%. A pesare sulla Borsa tedesca, come nei giorni precedenti, ma questa volta in negativo, la performance di Volkswagen (-43,7%) che ha trascinato al ribasso il comparto auto (-29,8%). Dopo la volata delle ultime due sedute (+336,7% in tre sedute), la casa automobilistica ha risentito del fatto che stanno scemando le operazioni di ricopertura da parte dei fondi che avevano venduto allo scoperto. In compenso le cose sono andate bene per Parigi che ha guadagnato il 9,23% e Londra l’8,05%. Mentre Wall Street, tra alti e bassi, alla fine non ce l’ha fatta. Nonostante il taglio del tasso di interesse di 50 punti base il Dow ha chiuso in ribasso dello 0,82% mentre il Nasdaq è rimasto positivo a più 0,47%. In gran spolvero anche, qui, i titoli che hanno perso di più nelle ultime settimane, come General Motors in rialzo dell’8,8%. Mentre Bank of America è passata da un rialzo del 3,3% a un ribasso della stessa entità. Nei tecnologici rialza la testa Apple: più 4,5%.
L’Europa, intanto, è in attesa delle scelte della Bce dopo che il presidente Jean-Claude Trichet ha aperto le porte a un nuovo taglio dei tassi nella prossima riunione del 6 novembre. Quanto al petrolio, ieri, ha messo a segno un forte rialzo finendo a 68 dollari al barile dopo l’aumento inferiore alle attese degli stock settimanali Usa. E visto che le spinte speculative non sono certo cessate ieri la Consob ha deciso di prorogare al 31 dicembre la delibera del 10 ottobre scorso che vieta le vendite allo scoperto.


In questo caso, infatti, la vendita di azioni deve essere assistita dalla proprietà e dalla disponibilità dei titoli da parte dell’ordinante al momento dell’ordine e fino alla data di regolamento dell’operazione. La Commissione, si legge in una nota, «monitorerà l’andamento dei mercati per verificare costantemente il permanere dei presupposti alla base del provvedimento».

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