Fedora Franzè
La folla di personaggi che passeggia per lo spazio raccolto della galleria La Nuvola sventaglia una moltitudine di profili. Sembra che ciascuna delle silhouette di futurista memoria intenda negare di essere una scultura, ossia la creatura statica, lignea, fissata su un piedistallo, quale di fatto è. Le spigolose opere in mostra a via Margutta (fino al 3 giugno) sono state realizzate da Mario Ceroli negli anni 90, ma esposte al pubblico per la prima volta in questa occasione. Per levento, larte «povera» (in un certo senso non più, il prezzo va dai 7mila ai 60mila euro a pezzo) ha dotato la galleria pure di un supporto scenografico essenziale, che sostiene visivamente il testo critico di Maurizio Calvesi, recitato da una voce femminile in sottofondo. Se si va nel tardo pomeriggio, quando le luci posizionate opportunamente proiettano le ombre di quelle figure restituendone la pura linea di contorno, e ci si lascia guidare dalle marinettiane sonorità schioppettanti della prosa, la suggestione è garantita. Anziché commentare il lavoro di Ceroli, Calvesi ha scelto di partecipare allopera, e di intessere un dialogo surreale con gli esserini che popolano questa piazza immaginaria. Lartista ha deciso allora di creare lambientazione della piazza, realizzando forme di bassi caseggiati (hanno suscitato un certo interesse da parte dei collezionisti) che si dispongono lungo le pareti a contenere e indirizzare i percorsi.
Allarrivo si può avere limpressione che la mostra sia in fase di smantellamento. Lambiente micro-urbano è a terra; si estende, indifferente a cosa avviene ai piani alti dello sguardo, sul pavimento della sala e si abbraccia tutto con unocchiata dalla soglia. Pochi secondi ed è come trovarsi improvvisamente straniero in un luogo inaspettato ma da sempre dietro langolo di casa, un pianeta familiare e lontano al contempo, con una propria gravità e una propria lingua. Gli strambi abitanti possiedono una compostezza quasi regale, forse per merito della posa sempre un po rigida, che li rende parecchio bon ton e regala loro una stravagante forma di indifesa dignità. Costruite, secondo il costume di Ceroli, con pezzi di legno grezzo e dalla scabrosità in evidenza, le sculture sono fatte di parti diverse che lartista non cerca di unificare trasformando lassemblaggio in blocco unico; piuttosto enfatizza laspetto della scomposizione potenziale dellimmagine, evidenziandone la bidimensionalità e la fragilità.
Quegli «archipendoli, anatroccoli, trottolieri» procedono nelle più varie cadenze: a passo lungo e deciso, a falcate distratte, a passo piccolo, educato, sospettoso e guardingo, danzante, portato dal becco che spinge in avanti seguendo il vento, o col vento tra chiome che fluttuano, in bilico tra corsa e volo, con braccia moltiplicate come piume dali. Ci fanno il verso, ma bonariamente, le marionette poetiche di Ceroli; svagate, fortunate presenze per cui lapparenza e lessenza coincidono. Ingresso libero. Info: 06-36005158.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.