Siamo uomini o caporali? Caporali purtroppo, e il principe de Curtis, col ghigno sulla bocca, ha tracciato una netta distinzione fra la dignità umana e questa particolare condizione. Valida oggi più che mai.
La mattina dei «paria» del lavoro inizia presto, quando il resto della città dorme ancora. Più del 50 per cento degli immigrati presenti a Milano non ha unoccupazione regolare. Migliaia di disoccupati pronti a mettersi al servizio dei caporali. Per sopravvivere molti di loro alle quattro del mattino sono già per la strada, a gruppetti, che si muovono nel deserto metropolitano lungo le circonvallazioni. Spesso, dietro ai beni di consumo che abbiamo in tavola, cè una filiera lavorativa molto distante dalla regolarità. Primavera ed estate sono le stagioni delloccupazione precaria e irregolare. Linizio del raccolto coincide con quello degli abusivi. Il settore edile è un altro grande serbatoio di lavoro sommerso. La manodopera irregolare scoperta questa primavera dalla Guardia di finanza al polo fieristico di Rho-Pero rende lidea della diffusione della manovalanza abusiva nei cantieri.
Il caporalato è un gioco dequilibrio fra la vita e la morte. Può significare quella manciata di euro sufficienti a frenare i morsi della fame, ma anche una corsa verso lospedale. Lombra dellinfortunio è sempre dietro langolo. Amplificata dalla stanchezza e moltiplicata dallassenza di sicurezza sul luogo di lavoro. Quanto vale tutto questo? Tre, quattro, ad essere di manica larga, cinque euro allora. Gli uffici di collocamento, le filiali, di questa tratta dei lavoratori, sono le piazze, le fermate degli autobus e della metro. Da Piazzale Lotto a Maciachini, da Famagosta fino a Bisceglie, alle prime luci dellalba è in scena la borsa del lavoro precario. E quando qualcuno abbatte resistenza e dignità e ne parla, la risposta è sempre la stessa: «Questa vita è uno schifo, ma cosa vuoi fare? Dobbiamo pur lavorare. Non cè alternativa, o accetti di fare questo oppure finisci a spacciare e rubare».
Allambasciata di Romania, vicino a Lotto, cè unaltra faccia della stessa medaglia. Alle sette del mattino ci sono già assembramenti di persone. Tutti in coda per essere ricevuti. Volti tesi e stanchi, qualcuno fuma appoggiato a un muretto, qualcuno alza il volume dellautoradio e un ritmo balcanico allieta lattesa. Negli occhi di tutti, la speranza di poter varcare la frontiera della regolarità, il prima possibile.
Ma questa è solo unappendice del lavoro sommerso.
La punta di un iceberg che affonda nei ristoranti, negli alberghi e anche nei nostri appartamenti, in tutti quei servizi di assistenza domiciliare che sono sempre più spesso colorati dai volti del caporalato, e a cui non sappiamo rinunciare.
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