da Roma
La picchiavano e la tenevano legata in casa, ma solo per «impedirle il suicidio». I genitori e il fratello di Fatima, ragazza maghrebina maltrattata e segregata perché voleva essere troppo occidentale, per i giudici non sono colpevoli. La Cassazione ha confermato lassoluzione nei confronti della famiglia. I parenti si erano giustificati sostenendo di voler evitare il suicidio della giovane, in conflitto con loro per il diverso stile di vita.
Il tribunale di Bologna aveva condannato i tre per sequestro di persona e per maltrattamenti. Ma la Corte dappello aveva poi assolto i familiari perché laccaduto era stato determinato dallo «stato di necessità»: volevano impedirle il suicidio. La Procura emiliana ha fatto così ricorso in Cassazione, ma i giudici lo hanno dichiarato inammissibile. «Dallistruttoria dibattimentale del primo giudizio - nota la Suprema corte - era emerso con certezza che la giovane, terrorizzata dalle possibili ritorsioni dei familiari perché non si era recata al lavoro incontrandosi con un uomo, aveva minacciato di suicidarsi, sia mettendosi una corda intorno al collo, sia cercando di raggiungere una finestra per buttarsi di sotto». Una sentenza che ha lasciato «colpita e ferita» il ministro per le Pari opportunità Barbara Pollastrini: «È la prova di quanto sia urgente affrontare il capitolo dei diritti e della tutela di moltissime ragazze e donne immigrate nel nostro Paese e a tuttoggi vittime di atteggiamenti repressivi e di una intollerabile cultura patriarcale».
Picchiavano la figlia ribelle: assolti i genitori musulmani
Segregata e maltrattata perché troppo occidentale: per la Cassazione padre, madre e fratello sono innocenti
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