Roma - Paolo Galassi, presidente di Confapi. Il Partito democratico ha candidato Massimo Calearo per rappresentare le piccole e medie imprese, cioè lo stesso mondo della sua confederazione. Tutto sommato è un passo in avanti, non crede?
«No. Confindustria comunque non rappresenta il nostro mondo. Calearo è un uomo di Montezemolo e fa gli interessi di un gruppo di parte. E poi dovrebbe decidere con chi stare, mi sembra abbia cambiato spesso idea negli ultimi tempi. D’altro canto la sua base mi sembra si sia già ribellata. Non credo sia espressione delle piccole imprese, nemmeno quelle del Nord-est».
Apprezzerà lo sforzo di Walter Veltroni; candidare un imprenditore è anche un tentativo di svecchiare la sinistra. Un modo per segnalare che il Pd è attento alle vostre richieste...
«Guardi, anche io avrei potuto vendermi, ma ho preferito fare l’imprenditore».
Non vorrà portare tutte le aziende medie e piccole sull’Aventino?
«No, il contrario. Domani (oggi per chi legge, ndr) a Roma abbiamo gli Stati generali delle Pmi e io ho già registrato nelle altre tappe una grande voglia di esserci. Io pensavo che queste pulsioni fossero spente e invece mi trovo ogni giorno di fronte a imprenditori che vogliono giocare un ruolo. I politici devono prestar loro attenzione, altrimenti si ritroveranno con un altro pezzo di Italia che li abbandonerà».
Quindi vuole fare entrare le piccole imprese nella sala di comando?
«Io sono meravigliato dal comportamento della classe politica italiana. Non ci ascoltano. Ho visto dare grande risalto ai dieci punti della Confindustria, quando noi abbiamo presentato il nostro decalogo quattro mesi fa».
Però nelle liste per Camera e Senato vi candidano. E nel programma del Pd la parola impresa è la più citata...
«Pensano, per l’ennesima volta, di venire a pascolare nelle associazioni e portare i piccoli imprenditori a schiacciare i bottoni in Parlamento. Lo fanno anche nelle nostre strutture. Però io credo che sia più utile mettere gli imprenditori a ricoprire incarichi tecnici. Gli imprenditori piuttosto che fare i deputati o i senatori dovrebbero puntare ai posti di comando. Dove si prendono le decisioni dalle quali dipende la competitività del Paese, l’innovazione, l’energia. Ruoli che invece i politici si tengono stretti. Servirebbe una rappresentanza diffusa delle associazioni della piccola impresa in questi snodi e sono sicuro che saremmo in grado di dare un grande valore aggiunto al Paese».
A Calearo dovrebbero aver promesso un ministero. Quello non è un posto di comando?
«Abbiamo capito da tempo che i rappresentanti della grande imprese sono conniventi con il sistema politico. E hanno modo di far valere i loro interessi anche senza rappresentanti».
Quale programma elettorale le è piaciuto di più, quello del Pd o quello del Pdl?
«Sono abbastanza simili. Dicono quello che noi sostenevamo dieci anni fa».
Quindi un voto vale l’altro?
«No, bisogna valutare chi è in grado di attuare meglio ciò che ha scritto.
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