Pieraccioni «saggia» il pubblico se non ride cambia il suo film

Domani l’ultima proiezione davanti a un campione di cento persone che alla fine compilano un questionario

Michele Anselmi

da Roma

Tecnicamente si chiamano «screening test», che poi vorrebbe dire proiezioni d’assaggio. A Hollywood li fanno da sempre: consiste nel mostrare con largo anticipo il film sul quale si punta a un pubblico-campione, per saggiare pregi e difetti. Non di rado dal responso di quella platea, divisa per fasce d'età e condizione sociale, dipende la versione definitiva del film da spedire nelle sale. Per dirne una, nel primo montaggio del Grande freddo di Lawrence Kasdan il pressoché sconosciuto Kevin Costner non faceva solo la parte del cadavere senza volto. Ma i flash-back nei quali si vedeva vivo il suicida Alex non piacquero, furono ritenuti pleonastici, e così il regista li tagliò via tutti. Con grande sofferenza di Costner, che si rifece con Silverado.
La notizia è che, da qualche tempo, gli «screening test» si fanno anche da noi. L’idea venne a Rita Rusic, quand’era ancora la signora Cecchi Gori: all’epoca dell’uscita americana di La vita è bella, lei, Benigni e consorte, più il potente Harvey Weinstein della Miramax mostrarono il film a un centinaio di studenti per verificarne l’impatto. Nascosti dietro un vetro opaco, i quattro spiarono commenti e reazioni, e l’esperienza si dimostrò utile in vista del successivo lancio. Ad adottarli stabilmente sono oggi Leonardo Pieraccioni e Giovanni Veronesi, il secondo sceneggiatore del primo, ma anche regista in proprio. Qualche titolo passato attraverso il vaglio dello «screening test»? Il Paradiso all’improvviso, Che ne sarà di noi e Manuale d’amore. Nei giorni scorsi è toccato a Ti amo in tutte le lingue del mondo, pieraccionesca commedia di Natale: la terza proiezione d’assaggio, la definitiva, è prevista per domani, martedì. Ogni volta in sala un centinaio di persone, in prevalenza adolescenti di ambo i sessi, e a fine film la riconsegna delle schede compilate. Le domande sono sempre le stesse. Ti è piaciuto? Cosa cambieresti? Il finale funziona? Quale personaggio preferisci? Dettaglio curioso: sono le donne a scrivere di più.
Teorizza Veronesi: «Il produttore dovrebbe obbligare il regista a organizzare gli "screening test". Sono utilissimi, e ne servono almeno tre, distanziati nel tempo, per capire davvero l’orientamento del pubblico. A patto di vagliare con cura le schede (rigorosamente anonime, con sopra indicato sesso ed età, ndr). Alle altre proiezioni nessuno ti dice mai niente di vero». Chiedo: mai ricevuto fischi? «Mica siamo alla Mostra di Venezia», scherza Veronesi, che sta scrivendo il suo nuovo film, sempre insieme a Silvio Muccino, dal titolo provvisorio Tutto e subito. Naturalmente il verdetto di quel pubblico speciale non è insindacabile. Però, nella messa a punto della versione definitiva e del lancio, sarebbe un errore non raccogliere suggerimenti.
Ridiamo la parola a Veronesi: «Nel caso di Che ne sarà di noi fu essenziale conoscere in anticipo la reazione degli adolescenti. Positiva all’ottanta per cento». Contestazioni? «Poche. Qualche cinéphile coi pedicelli scrisse nella scheda che il film era troppo "leggero", che i rapporti umani "galleggiavano", che quei tre ragazzi non erano "rappresentativi". Ma nell’insieme, a parte una scena sulla spiaggia nella quale Muccino politicizzava un po’, i test andarono benissimo». E nel caso di Manuale d’amore? «Scegliemmo un pubblico più eterogeneo, per età e professioni. Piacque meno degli altri l’episodio con la Littizzetto, così rifilai due scene. In compenso, appena apriva bocca il suo collega vigile era un boato di risate, così aggiunsi una gag».
Chissà se succederà qualcosa del genere per Ti amo in tutte le lingue del mondo di Pieraccioni. «So che Leonardo, dopo i primi due "screening test" (uno lunedì, l’altro mercoledì), è intervenuto per fare un taglio e aggiungere un dettaglio che riguarda il personaggio interpretato da Rocco Papaleo», rivela Veronesi. Nel film Papaleo è un insegnante fissato col sesso promiscuo. Sarà lui a trascinare l’amico Pieraccioni, insegnante di educazione fisica cornificato dalla moglie e oggetto delle attenzioni di una sua studentessa, nella villa degli «scambisti». Dove l’imbranato prof conoscerà la donna della sua vita, una veterinaria-psicologa capitata lì per errore. Nel film, squisitamente natalizio nell’intreccio di gag e situazioni, spiccano Giorgio Panariello e Massimo Ceccherini, l’uno nei panni del fratello un po’ ritardato e balbuziente, l’altro in quelli di un frate che sembra una rockstar. Poi c’è Francesco Guccini, in partecipazione speciale, nel ruolo del sospettoso preside di liceo. Racconta Veronesi: «Ho assistito alla seconda proiezione. Ridevano tutti, molto, più di quanto mi aspettassi. Del resto, i film di Pieraccioni si giudicano così: se si ride significa che sono venuti bene».


Il proposito di Medusa, che distribuisce dal 16 dicembre, è di bissare, se possibile superare, il record di Il Paradiso all’improvviso, coi suoi ventinove milioni di euro. E chissà che alla costruzione del prevedibile successo non abbiano contribuito anche quei trecento spettatori-cavia che l’hanno «assaggiato» prima degli altri, testandone gusto e situazioni comiche.

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