Ricordi, intuizioni, inaspettate associazioni popolano l'universo creativo di Novello Finotti. Ogni sua scultura è un complesso incontro di sogno e realtà, un gioco di specchi, circolare, senza uscita. Un metamorfismo che moltiplica lo stupore e l'attesa. Una concatenazione di visioni che si sviluppa su un elemento comune: il colore nero della materia che subito rimanda alle misteriose profondità dell'inconscio.
Fino al 1 agosto 2010, Novello Finotti presenta, nello spazio espositivo della Galleria d'arte Barbara Paci di Pietrasanta, una significativa retrospettiva dal titolo «Profondità e proiezioni del nero». Un percorso nella scultura dell'arista veronese, dagli anni Settanta ad oggi.
Tra visione ed immaginazione, emerge con fluida narrazione il discorso plastico di Novello Finotti. In ogni opera la componente onirica si lega fortemente ad una re-interpretazione mentale, sino a far scaturire un susseguirsi di metafore e metonimie. Ma la scultura di Finotti ha una dimensione mentale anche per la forza con cui affiora il carattere affabulatorio, illustrativo e persuasivo della sua arte.
Dieci opere, sculture e bassorilievi, ne ripercorrono, in mostra, il cammino artistico: epoche diverse per diverse stagioni creative legate, in questo caso, dalla scelta del colore: il nero, sconfinato, profondo. Che sia ebano, basalto, granito, marmo nero del Belgio o bronzo patinato, è dall'assenza di luce che Finotti dà voce alla sua interiorità, traendola fuori dalla materia, dopo un lungo scavo. Una ricerca di assoluto. Qualsiasi cifra cromatica sarebbe fuorviante, un'insensata intrusione, laddove l'opera è già di per sé un racconto pieno di particolari, di curiosità, di richiami. Un'espressione creativa che si sviluppa sulle direttrici della similarità e della continuità, talvolta anche contraddittorie.
«Finotti, come un magico funambolo senza rete - scrive Antonio Paolucci nel suo saggio critico in catalogo - cammina sugli abissi. Vede il Sogno e il Mito, contempla con classico distacco gli orrori e gli splendori dell'umana condizione».
Si avverte l'acume con cui l'artista osserva tutto ciò che gli sta intorno e che, come in un sogno ad occhi aperti, rielabora nella scultura, stemperando la pulsione emotiva con una sottile ironia.
Finotti instaura con la materia un rapporto di simbiosi, un culto esclusivo. Ogni volta è una sfida, quasi un corpo a corpo per esprimere quanto di più duttile, fluido e mutevole possa esserci nella materia.
«Finotti ha accettato l'azzardo - scrive ancora Paolucci - e ha dedicato la vita a studiare e a perfezionare i modi e le tecniche che permettono di avvicinare quelle nobili sostanze, di capirle, ascoltarle, di penetrarle.
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