Pietro di Canterbury

Le isole britanniche avevano conosciuto una prima volta il cristianesimo attraverso quei legionari romani che lo professavano. Ma, quando l’Impero fu in difficoltà, Roma richiamò le truppe e abbandonò la Britannia al suo destino. Partiti i romani, l’arcipelago si frantumò in piccolissimi regni in lotta fra loro e ricadde nella barbarie. Fu il papa s. Gregorio Magno, nel VI secolo, a tentare un’evangelizzazione sistematica. Mandò un gruppo di missionari, cavati dal monastero benedettino romano di Sant’Andrea al Celio e guidati da Agostino. Tra questi c’era Pietro. I missionari si diressero verso il Kent, il cui re, Etelberto, aveva una moglie cristiana. Sbarcarono nel 597 a Ebbsfleet e la loro opera fu coronata dal successo. Etelberto, infatti, accettò il battesimo e concesse ai monaci un edificio a Canterbury. La costruzione fu il nucleo del monastero di cui Pietro divenne il primo abate. Pietro fu anche spedito a Roma da Agostino, onde informare il papa dei progressi dell’evangelizzazione degli anglosassoni e riceverne chiarimenti su determinate questioni concernenti il modo di inculturazione del cristianesimo da quelle parti. Pietro eseguì e tornò con le risposte. In seguito venne incaricato di una nuova missione in continente, verso il 607. Purtroppo, fece naufragio nella baia di Ambleteuse, dalle parti di Boulogne, e annegò.

Il suo corpo venne sepolto sulla riva. Qualche tempo dopo, gli abitanti del posto videro una luce misteriosa aleggiare sul luogo. Scavarono e, trovate le spoglie del santo, le trasferirono con gran solennità in una chiesa di Boulogne.

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