Di Pietro impreca ma stavolta nessuno si scandalizza

Il leader dell’Italia dei valori, ospite di «Agorà» su Raitre, urla davanti alle telecamere: «Cristo!». Uno sproloquio sul servizio pubblico con tanto di parolacce. Ma stavolta nessuno dei benpensanti all’opposizione si scandalizza

Un signore con i baffi al­le sue spalle, tra il pubblico, stende appena le labbra e ar­rossisce. Un campione di self control. Davanti a lui Anto­nio Di Pietro ha appena per­so la testa. È il cinquantesimo minuto della trasmissione Agorà ( Rai3) condotta da An­drea Vianello su Lodo Alfano e corruzione e il leader del­l’Idv urla: «Ma non ce l’avete messo all’ordine del giorno­oo! Cristo!». Eccolo qua. Altro che bar sport, briscola tra amici. Qui siamo sul terzo canale pubbli­co, le 10 del mattino, orario di casalinghe, disoccupati e bambini malati.Tonino s’im­bizzarrisce. Un’imprecazio­ne nazionale antimeridiana. La trasmissione va avanti e Di Pietro ne spara altre, ma in­tanto l’agenzia Agi rilancia la frase dell’ex pm su tutti i cir­cuiti di comunicazione. Pas­sa qualche minuto, il condut­tore gli legge la notizia fresca di uscita e lui si scusa: «Chie­do scusa se mi è scappata una parola». E che parola, «La» pa­rola. Per una cosa simile su Ber­lusconi si scatenò il ciclone politico della condanna. In quel caso si trattò di bestem­mia, ma il contesto era una barzelletta su Rosy Bindi rac­contata ad alcuni militari e catturata da un videofonino. Un contesto privato. Anche dall’Italia dei Valori partiro­no le reprimende furiose: bar­zelletta «indegna», «grave e imbarazzante silenzio dei cat­tolici del centrodestra sulle bestemmie», dichiarava Leo­luca Orlando. A proposito di reticenze, ieri sullo scivolone di Di Pietro il silenzio è stato assordante. E allora: la con­danna va bene, ma con coe­renza. Se si apre un discorso sul linguaggio dei politici, questo non può prescindere dall’archivio della tv di Stato su Antonio Di Pietro. Dal cinquantesimo minuto Tonino non si controlla pro­prio più: «Lo stesso Granata è incazzato!», grida ancora, parlando dello stesso proget­to di legge anti- corruzione co­firmato con il deputato di Fli che gli aveva fatto convocare in diretta Gesù. Un progetto di legge che po­ne al primo punto «questa re­goletta: la non candidabilità dei condannati». E che non è stato ancora messo a calenda­rio. Il finiano Enzo Raisi lo contesta, gli dice che non è possibile: scena emblemati­ca di come siano improvvisa­m­ente mutati i rapporti tra fu­turisti e Di Pietro dopo l’ap­poggio di Fli allo scudo giudi­ziario per le alte cariche. «Non me l’hanno messa!», sbraita Tonino. Poi: «Si ar­rampicano sugli specchi caz­zo! ». E due, ancora, anzi, e tre.All’ora delle brioche e del­l’aspirapolvere in salotto.

Per il resto, il linguaggio si è colorato delle solite tinte estreme: il lodo Alfano? Uno «stupro della democrazia an­che questo!». Gli italiani? «Usati e abusati nel loro vo­to ». Poi tra un c’azzecca e qualche altro urlaccio, l’am­missione, finalmente: «Non parlo bene l’italiano però si capisce». Eccome se si capi­sce.  

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