Pil, Draghi: "Nel '08-'09 perso il 6,5% Italia, lenta l'uscita dalla recessione"

Calo vertiginoso per il prodotto interno lordo del nostro Paese durante i due anni della recessione economica mondiale: persi 6,5 punti contro i 3,5 della media. Il governatore di Bankitalia: "E anche l'uscita dalla crisi sarà più lenta per l'Italia"

Pil, Draghi: "Nel '08-'09 perso il 6,5% 
Italia, lenta l'uscita dalla recessione"

Roma - Persi 6,5 punti di pil nel biennio della crisi economica. A contarli uno sull'altro, mentre il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi snocciola le cifre, fanno quasi impressione. La sensazione è quella di una locomotiva lanciata a cui è stato tirato bruscamente il freno. E per rimetterla in moto, prosegue il numero uno di Palazzo Koch, servirà ancora almeno un bienno. Solo nel 2014 l'Italia ritornerà a livelli del prodotto interno lordo simili al 2007. Anche perché "al Paese servono riforme strutturali" spiega Draghi. Ha perso più degli altri partner europei e risalirà più faticosamente.

L'analisi di Draghi L’Italia "sta uscendo dalla recessione lentamente". Draghi ha citato i dati del Def del governo secondo cui solo nel 2014 "il pil tornerà sul livello del 2007" mentre per il prodotto pro capite "il recupero sarà ancora più lento. Il divario fra l’Italia e gli altri Paesi perdura nella fase di ripresa" dopo che già nel corso della crisi il nostro Paese ha visto contrarre il pil in maniera più significativa dell’area euro. Continua il governatore della Banca d’Italia. Draghi ricorda come l’Italia abbia perso 6,5 punti di pil nel biennio 2008-2009 a fronte di un calo del 3,5% dell’area euro.

L'uscita dalla crisi "Dobbiamo essere consapevoli che non esistono facili scorciatoie» sui punti deboli dell’economia italiana come la spesa in ricerca e sviluppo, l’incidenza della povertà, la competitività del sistema produttivo" continua il governatore. Dai temi strutturali fissati dall’agenda di Europa 2020, quali istruzione, capitale umano, occupazione e inclusione sociale, ricorda il governatore "in larga parte dipendono le prospettive di crescita economica e di tenuta sociale del nostro paese".

In più "una maggiore competitività del sistema produttivo non può essere ottenuta con sostegni e difese dalla concorrenza". E all'Italia serve "un’attenta regolamentazione pro competitiva dei mercati, ben disegnata e sorvegliata da regolatori indipendenti".

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