La Pinacoteca «riscopre» Boldini pittore ferrarese delle belle dame

Lavori dell’artista di fine Ottocento a «Brera mai vista»: un’esposizione sulle opere meno note del museo

La Pinacoteca «riscopre» Boldini pittore ferrarese delle belle dame

Francesca Amé

Le belle donne dell’alta società di fine ’800 avevano un unico desiderio: essere immortalate da Giovanni Boldini. Il pittore di natali ferraresi vissuto a Parigi e Londra, era di pennello raffinato.
Pur amando la descrizione delle folle, le prime ai teatri, le passeggiate delle carrozzelle, trovava la sua vena più intensa nel ritratto delle gentil dame. Queste - lo raccontano le cronache - erano pronte a svaligiare le case di moda più in voga pur di trovare il vestito adatto per un ritratto di Boldini da appendere sopra il caminetto. La determinazione poi aumentava se le signore venivano dall’America, quella rigorosamente «wasp», e quella dal sapor latino. È proprio la figura di una splendida ragazza cilena a campeggiare da questo mese sino al 9 aprile nella trentasettesima sala della Pinacoteca di Brera: il suo nome è Emiliana Concha de Ossa e il ritratto è conosciuto come «Pastello bianco». I milanesi e i visitatori del museo potranno ammirarlo all’interno della sedicesima edizione del ciclo «Brera mai vista» che mette in mostra alcuni tesori meno conosciuti della pinacoteca (catalogo Electa). Per ritornare al suo attuale splendore, il grande ritratto eseguito da Boldini ha richiesto un delicato restauro: hanno lavorato sulla tela, che il pittore volle leggera quasi come la seta, Barbara Ferriani e Paola Borghese mentre Casimiro Porro ha finanziato tutto. Oggi il dipinto torna a Brera dopo un prestito a Ferrara, che ha recentemente dedicato una monografica all’artista: è una sorta di ritorno a casa, considerato che Giovanni Boldini non si volle mai staccare dalla sua opera - tanto fragile quanto intensa - e la conservò con devozione nel suo atelier parigino. Fu Emilia Cardona, vedova del pittore, a donarla al patrimonio dello Stato, che la inviò poi a Brera.
«Bella come un amore», così Boldini descrisse agli amici la giovane cilena, nipote di un diplomatico di stanza a Parigi. Il pittore era ammaliato dalla fanciulla, ma forse anche dal suo doppio sulla tela, tanto che dedicò al ritratto ore di studio. Ne valse la pena: col «Pastello bianco» creato da una tavolozza che spazia dal color neve, al crema, alla panna ottenne un premio all’Esposizione universale di Parigini del 1889. Boldini credeva che quelle sfumature pastello sarebbero rimaste inalterate: appassionato delle tecnica, fu tra i primi a utilizzare i pastelli sintetici. Chi glieli vendette, li definì «eterni», i restauratori hanno faticato tanto per rimuovere la muffa e le alterazioni che avevano rischiato di polverizzare la tela.
Oggi che la mussola del vestito della giovane è tornata alla bellezza originaria, di questo ritratto rimane il sapore di un tempo che fu.

Quello in cui il massimo onore della ragazze-bene era l'omaggio di un pennello famoso e quello in cui proprio questo pennello era in grado di riprodurre - anche nella leggerezza di un abito - l'innocenza di un'epoca al tramonto.

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