Pippo, un rischio voler stravincere

Super Pippo. O Pippo super, scegliete voi. Con buona pace di Fabrizio Del Noce, il direttore di Raiuno rivelatosi anche stavolta un Mr. Bean della comunicazione, se c’è un vincitore del cinquantasettesimo Festival di Sanremo, è Baudo. Il giorno dopo il trionfo, con gesto un po’ plateale degno di una star navigata ma offesa nell’orgoglio, ha rimesso il mandato di direttore artistico: adesso arrangiatevi, chiamate chi vi pare, Bonolis, Insinna, Mike Bongiorno, Paperoga. Presenzialista, ipertrofico, magniloquente, esagerato: se sbaglia, sbaglia per eccesso, tende a stravincere. Ma non si può dire che non abbia vinto. Non sono solo i numerini dell’Auditel, quelli che hanno appannato diverse luminose e baldanzose carriere, a dargli ragione. Il venerato maestro del video è riuscito nella complessa operazione di portare nel tempio della nazionalpopolarità canzoni che scoperchiano temi e situazioni difficili, solitamente rimossi. La società civile al centro del Festival delle canzonette. Non è poco. E non è nemmeno un risultato da ascrivere al bilancio di una parte politica, perché quei temi (l’antimafia, il disagio mentale, la disoccupazione) toccano e riguardano tutti e tutto l’arco costituzionale.
Ma oltre alla quadratura politica, il vecchio leone della Tv ha indovinato anche la chimica dello show cucendo sul vestito un po’ logoro della kermesse il pizzo del glamour e i graffi della satira, alternando musica sentimentale e impegnata, cantanti di lungo corso e giovani spregiudicati. Maestro dell’interclassismo canoro, della democristianità catodica, a giochi fatti si è difeso dalle sbrigative etichettature. «Mi hanno messo in mezzo, tra destra e sinistra», si è sfogato ieri a Domenica in, «ma il Paese ha bisogno di concordia, di unità». Il premier del Festival si candida come uomo delle larghe intese? Mica tanto. Dall’alto dei suoi settant’anni e degli 11 milioni di telespettatori, non le manda a dire anche all’«editore di riferimento». Pur da suo elettore, rimbecca Prodi: ha un’idea sbagliata della Rai, privatizzarla vuol dire ridimensionarla, renderla marginale. Idem, il suo ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni. E il governo è servito. Insomma, Viva la Rai.
Ma Super Pippo non si limita a sventolare la bandiera della Tv di Stato. Deborda e attacca il ritornello dell’Abbasso Mediaset, colpevole di aver inventato «la bestialità» del target commerciale (il calcolo degli ascolti tv per i telespettatori fino ai 65 anni), utile a programmare gli investimenti pubblicitari. Il vincitore del Festival è lui più di Cristicchi e della dolce Michelle. Ma, come detto, il temperamento siculo lo porta a esagerare e a dimenticare l’astuta lezione di Andreotti, uno che di palchi importanti se ne intende. Suonava più o meno così, mi pare, l’adagio del vecchio Giulio: accontentiamoci di vincere, perché quando si vuole stravincere si rischia di trasformare in nemici anche gli amici.
Dunque, caro Pippo, si accontenti, e aspetti sulla riva del fiume. È tornato al centro del circo e fin dal primo giorno il suo Festival ha costretto giornali e politici a correre e rincorrere per portarlo dalla loro.

Cosa può volere di più? Il prossimo Festival? Bissare un successo è ancor più difficile che ottenere il primo. Le scuse di Del Noce? Vabbè: lui si è chiamato fuori da subito com’è solito fare quando la terra brucia. Lo facesse del tutto, forse non sarebbe poi un gran male.

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