Pirelli, accordi per crescere in Russia

Ecco delineato il futuro di Mirafiori, «una risposta a tutti i menagrami che ogni volta che c’è da fare un passo avanti in Italia cominciano a disegnare tinte fosche», come ha commentato il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, al termine dell’incontro durante il quale Sergio Marchionne ha messo nero su bianco sullo storico stabilimento della Fiat. L’investimento previsto di oltre un miliardo, suddiviso con la Chrysler in maniera proporzionale ai volumi destinati ai rispettivi marchi, servirà a portare la nuova piattaforma americana a Mirafiori, garantendo in questo modo la possibilità di produrre fino a 250mila-280mila vetture l’anno: più di mille al giorno. «Chi conosce i volumi di produzione dell’impianto - ha spiegato l’amministratore delegato del Lingotto ai sindacati riuniti all’Unione industriale di Torino - sa bene che è dalla crisi della Fiat dei primi anni Duemila che non si raggiungono tali livelli».
Il top manager, che si è unito a sorpresa ai due negoziatori tradizionali, Paolo Rebaudengo e Giorgio Giva, ha anche richiamato l’attenzione dei presenti sul fatto che «questa sarebbe la prima volta che una fabbrica della Fiat produce auto per un’azienda straniera; é dunque il primo esempio tangibile dell’impatto positivo che l’accordo con Chrysler avrà sul Paese».
Tutto è pronto, a questo punto, per la nascita di una nuova società italo-americana la cui produzione torinese sarà indirizzata per metà all’Europa e al Nord America: modelli di punta (Suv e veicoli di classe superiore) con i marchi Jeep e Alfa Romeo. Questo sulla carta. Ma perché si parta concretamente con il progetto, chiudendo così il secondo round di «Fabbrica Italia», Marchionne sollecita le parti in causa a fare in fretta, allo scopo di trovare un accordo con i sindacati entro Natale. Per raggiungere l’obiettivo non si esclude il referendum tra i dipendenti di Mirafiori. Fondamentale, per l’d della Fiat, è siglare un’intesa che assicuri la governabilità, «tenendo la politica fuori dalla porta e gli estremismi lontani dalla fabbrica». La trattativa proseguirà comunque lunedì. I nodi da sciogliere sono diversi, in particolare i turni di lavoro. Un’ipotesi prevede, assieme ai 15 turni, quella di dieci ore al giorno per quattro giorni di lavoro. Ma non è esclusa la possibilità dei 18 turni. Oppure una modulazione di questi tre scenari, a seconda dell’andamento del mercato. «La saturazione degli attuali addetti - ha fatto sapere Marchionne - aprirà anche la strada a una possibile crescita dell’occupazione».
Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha apprezzato molto il piano «perché da un lato mantiene il progetto di “Fabbrica Italia” e dall’altro significa che la dimensione multinazionale del gruppo determina non solo l’uscita di produzione, ma anche ingressi nella produzione». Per Paolo Romani (Sviluppo economico) «si apre la strada a un confronto concreto e costruttivo per la realizzazione di “Fabbrica Italia”». Critica, come scontato, la Fiom. Giorgio Cremaschi, del comitato centrale, parla di «Pomigliano bis: mi pare - sottolinea - che siamo alla solita minestra, viene proposto a Mirafiori lo stesso disastro sociale, sindacale e industriale di Pomigliano».


In Borsa il titolo Fiat ha lasciato sul terreno il 2,2%, ma dopo essere salito nell’ultima settimana del 9%, incluso il ribasso di ieri. Lunedì, infine, Marchionne inizierà da Milano il road-show sullo spin-off. L’appuntamento con gli analisti è fissato alle 10 a Palazzo Mezzanotte.

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