Emanuela Ronzitti
da Roma
Sono poche, ma incisive, le righe che la Corte dassise di Bologna dedica allo Stato italiano nella motivazione della sentenza emessa ieri laltro dopo aver condannato allergastolo cinque esponenti delle Brigate rosse per lomicidio del giuslavorista Marco Biagi avvenuto il 19 marzo 2002 a Bologna. Un risarcimento di soli 5mila euro, contro invece la corposa richiesta di 7 milioni di euro, è quanto è stato offerto dai giudici allo Stato che si era costituito come parte lesa. Nella sostanziosa motivazione, un fascicolo di 260 pagine, depositata dopo circa due mesi dal provvedimento, i giudici bolognesi non hanno fatto nulla per nascondere le ragioni di un indennizzo così irrisorio a danno dei mandanti dellomicidio Biagi. Il principale colpevole, secondo i magistrati sarebbe proprio lo Stato, colpevole oltre che «per non aver fornito la mancata scorta alla vittima» anche per le parole rilasciate dallallora titolare del dicastero degli Interni Claudio Scajola che «si lasciò andare a sprezzanti giudizi verso la vittima, cui il suo successore - riferendosi allattuale ministro Giuseppe Pisanu - avrebbe potuto pubblicamente porre riparo. Cosa che non ha ritenuto di dover fare nonostante loccasione offertagli da questo processo». Unaspra critica, insomma, alle condotte dei due ministri del governo Berlusconi. Con ciò la Corte ha voluto rimarcare lassenza dello Stato non solo nel processo ma anche nella funzione di protezione «a un uomo di cui utilizzarono le straordinarie competenze fino a codificarle servendosi di quei contributi che lo esposero al rischio della propria vita senza che ne tutelassero adeguatamente lincolumità». Immediata la reazione da parte del ministro Pisanu in merito alle accuse mosse dallAssise, che ha gelato tutti con «un indignato silenzio», per poi chiudersi in un cordiale colloquio telefonico con la vedova Biagi, Marina Orlandi. Mentre in serata dal Viminale arriva la notizia che dallufficio legislativo si starebbe valutando tra laltro, l'ipotesi di una denuncia penale nei confronti dei giudici e del presidente della Corte dassise di Bologna Libero Mancuso proprio in riferimento a questo passo della sentenza, ed eventualmente anche per un'azione civile. Spunterebbe anche lipotesi, al vaglio degli esperti del Viminale, del deferimento al Consiglio superiore della magistratura o di una segnalazione alla procura generale.
A essere risparmiato dalla giudizio negativo emesso dalla Corte è stato solo il sottosegretario al Welfare, allora amico di Biagi, Maurizio Sassone. «Delle tante parti civili governative solo lui ha inteso essere presente per ricordare con accenti commossi, in questaula, la figura eletta del suo amico professor Marco Biagi». Si difende il presidente della Corte, Mancuso, estensore dei motivi della sentenza e liquida subito la glaciale reazione esternata da Pisanu con una frase secca: «Sono reazioni di chi non ha altri argomenti».
Pisanu si riconcilia con la vedova di Marco Biagi
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