Pisapia corre a Sesto per fermare la frana E trova solo pochi fan

«Pizza 49! Birra media 21!» Il microfono che scandisce la perfetta organizzazione del vettovagliamento alla prima festa di Sinistra Ecologia e Libertà - nell’ex area industriale della Breda di Sesto San Giovanni - dà di tanto in tanto una scossa al clima sonnecchioso che precede l’arrivo dell’ospite d’onore Giuliano Pisapia. La cui presenza annunciata - al fianco dell’assessore Daniela Benelli - è resa inequivocabile dai manifesti sorridenti affissi un po’ ovunque. Per fortuna, perchè chi si aspettava, visti i mala tempora, una festa fuoco e fiamme ha dovuto ricredersi davanti ai pochi fedelissimi arrivati alla spicciolata sul pratone del «Carroponte», forse un po’ troppo decentrato per garantire il pienone. Ma è pur vero che le periferie vanno valorizzate e allora è giusto rischiare. Eppure gli ingredienti c’erano tutti per scaldare il dibattito sugli umori dentro la coalizione. A cominciare dal luogo. Il Carroponte, mausoleo di archeologia industriale a Sesto San Giovanni, nei gloriosi anni Trenta serviva all’acciaieria Breda per spostare e eliminare i grandi quantitativi di rottame. E proprio qui, ieri sera, di pesi ingombranti da smaltire o rottamare ce n’era più d’uno, in questa ex Stalingrado evocatrice di memorie operaie ma anche di imbarazzanti traccheggi: quei traccheggi che oggi creano non pochi mal di pancia proprio all’interno di quella compagine «sellina» che vanta un giovane pedigree di duri e puri, e a cui lo stesso Pisapia si sente affettivamente più legato. Il cartello appiccicato sotto il palco, del resto, parlava chiaro e sembrava ammonire gli stessi relatori: «La questione morale esiste da tempo ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale». Già. E non a caso, in attesa della serata «clou», lo stesso coordinatore provinciale di Sel, Daniele Farina, aveva avvertito che il caso Penati, lungi dall’essere esclusivamente una questione interna al Pd, «è un fatto che ci interroga tutti sulla questione morale e sarebbe sbagliato cullarci nella nostra diversità di partito giovane, sentirci immuni dalla corruzione».
E lui, il sindaco? Su Penati, Maran e la questione morale, argomenti che pure devono infliggergli più di un turbamento, ha preferito glissare, forse memore del proverbio insegnatogli dal padre napoletano per cui il polipo è preferibile lasciarlo cuocere nella propria acqua. Meglio volare alto e provare a immaginare come potrebbe essere, appunto, la città che verrà, ovvero una città metropllitana interprete di un modo diverso di rapportare i cittadini alle istituzioni, e viceversa. Una città che parla e si gestisce attraverso le sue aree più decentrate. Lo diceva anche Bossi? Guai a bestemmiare, dice Pisapia, perchè la città metropolitana «sarà la vera alternativa al federalismo». O più precisamente, «alternativa al federalismo dell’egoismo». Pisapia snocciola anche dati e non meglio precisati studi: «Quando la città metropolitana milanese sarà realtà con il conferimento di maggiori poteri alle municipalità, allora ci saranno risparmi per 180 milioni di euro».

Un successo, insomma, che ne anticiperà un altro più ambizioso: «Stiamo anticipando la campagna elettorale per la città metropolitana del 2016, e vinceremo anche quella». Dal banco chiamano un panino con la salamella che ci riporta alla realtà, quella dei mal di pancia.

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