nostro inviato a Mestre (Venezia)
Applausi (moderati), sventolio delle bandiere bianche, poi tutti fuori dall'asfissiante saletta seminterrata in cui Casini ha mollato lo storico schiaffo a Berlusconi. Da bravi ex democristiani, corrono a fare i conti. In una convention di Forza Italia la gente si accalcherebbe per vedere Berlusconi, invece in un convegno dell'Udc si formano capannelli per calcolare voti, ipotizzare scenari, disegnare strategie. I primi a capire che sarà dura sono loro, i militanti. Sarà dura anche in Veneto, che pure è una regione «buona» per il partito di Casini, che supera il 6,5%, siede nella giunta regionale e in numerose amministrazioni locali. Tuttavia il senatore vicentino Antonio De Poli, ex assessore regionale e luogotenente del leader nel Nordest, distribuisce come volantini i biglietti di visita: «Tanto sono gli ultimi...», sorride il parlamentare che verrà candidato alla Camera. Sa bene che la riconferma a Palazzo Madama è una missione impossibile anche per un recordman di preferenze come lui.
Le «ciacole» a mezza voce degli udicini veneti chiariscono il quadro più di dieci proclami antiberlusconiani di Casini. L'obiettivo numero uno è semplice: sopravvivere. Non scomparire, evitare lo schiacciasassi targato Pdl. Ma restare in vita non significa tanto costituire un gruppo parlamentare a Montecitorio, su quello non dovrebbero esserci problemi. Le voci si rincorrono: l'ultima offerta di Berlusconi sarebbe stata di 40 deputati. In pratica, la conferma dell'attuale pattuglia Udc alla Camera. Nessun regalo, scuotono la testa gli attivisti, sono gli stessi di due anni fa. Li riportiamo su anche da soli.
La sfida vera è eleggere qualche senatore. Al popolo dell'Udc ne basta una manciata: cinque o sei. Sembrano pochi rispetto ai 20 (19, dopo l'uscita di Marco Follini) di cui l'Udc disponeva nel Parlamento appena sciolto. Ma potrebbero essere sufficienti perché nessuno dei due schieramenti maggiori abbia la maggioranza a Palazzo Madama. Due senatori sembrano sicuri in Sicilia, e l'eventuale accordo con Fefè Lombardo li porterebbe a quattro o addirittura sei; altri se ne dovrebbero aggiungere in Calabria, a Roma, nelle Marche. L'Udc si candida dunque all’opposizione («siamo alternativi alla sinistra e non faremo accordi con Berlusconi»), ma in una posizione di tutto riguardo: l'ago della bilancia. E se si formasse il «governissimo» Berlusconi-Veltroni? «Assolutamente impossibile», profetizzano le truppe di Casini.
Fissati i bersagli, si passa alle strategie. Sarà una campagna elettorale tutta antiberlusconiana, e Casini l'ha fatto largamente capire. Si punterà a catalizzare il voto cattolico, ed ecco tutti i richiami ai valori «eticamente sensibili» e al «popolo del Family Day». «Quando nel Pdl discuteranno di droga, come faranno a mettere d'accordo Giovanardi con Capezzone?», si domanda De Poli.
Ecco anche gli approcci sotterranei con la lista «pro-life» di Giuliano Ferrara e gli abboccamenti con la Rosa Bianca, soprattutto con Savino Pezzotta più che con gli ex Tabacci e Baccini. Ma l’Udc conta anche sulla gerarchia ecclesiastica, dopo che l’Avvenire ha fatto sapere che non è gradita la scomparsa dello scudo crociato dalle schede elettorali. E si fa grande affidamento sulle forze meglio organizzate del mondo cattolico.
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