Il Pm lasciò l’indagine per la politica

Quel giorno di fine agosto del ’99 fu il primo ad arrivare al porto di Bari: lui, il sostituto procuratore antimafia Michele Emiliano, magistrato di lungo corso, non ci pensò due volte: da pm d’azione qual era si precipitò sul posto; gli bastò dare un’occhiata a quei container ammassati per intuire che la missione umanitaria annunciata dal governo di centrosinistra dell’epoca come il fiore all’occhiello della solidarietà, presentava tanti aspetti oscuri. Fu quello l’inizio dell’inchiesta sulla missione Arcobaleno. Piano piano si rivelò una cascata giudiziaria. Le indagini sono andate avanti fino all’aprile del 2004, quando il pm decise di abbandonare la toga per indossare la fascia tricolore: quella di sindaco. Emiliano infatti si è candidato ed è stato eletto con il centrosinistra, la coalizione finita sotto la lente d’ingrandimento delle sue indagini: due esponenti diessini finiti nel registro degli indagati per favoreggiamento, i controlli nell’ufficio di un funzionario del partito, diversi esponenti di primo piano di quello schieramento ascoltati come persone informate sui fatti.

E poi ancora: sul tavolo di Emiliano approdarono i rapporti della Digos di Bari, pagine che tra l’altro documentavano pressioni politiche da parte di esponenti di rilievo della coalizione di governo dell’epoca per una nomina nell’Agenzia della Protezione civile. E mentre l’ex pm sceglieva la politica e respingeva al mittente tutte le critiche, la procura proseguiva negli accertamenti. Altri interrogatori, altri verbali. Fino alla chiusura dell’inchiesta.

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