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Po, Adda e lago di Como: al Nord emergenza acqua

Un inverno con poca pioggia e neve ha compromesso le risorse idriche. L’idrogeologo: «L’allarme è rientrato, ma lo stato di attenzione rimane»

Po, Adda e lago di Como: al Nord emergenza acqua

Elena Jemmallo

da Milano

Caldo e siccità non accennano a mollare la presa sull’Italia e al Nord catta la crisi idrica, tanto nelle campagne che nelle città: basti pensare che le risorse disponibili di acqua ammontano a non più del 50 per cento del livello normale.
Anche se le piogge dei giorni scorsi hanno allontanato l’allarme, lo stato di attenzione rimane. A dimostrarlo sono i dati delle ultime rilevazioni sulla situazione di fiumi, laghi e bacini montani. Il Po, ad esempio, a Piacenza è sul livello di 0,26 metri sotto lo zero idrometrico, molto meglio del -0,63 del 30 giugno e 5 luglio scorsi, momenti di massimo allarme. Ma la situazione rimane comunque preoccupante per il 70 per cento della Pianura Padana che dipende dal più grande fiume italiano per la sua irrigazione. Ancora peggiore è la situazione del lago di Como, tuttora ai minimi storici. E non va meglio nemmeno il livello dell’Adda, che in alcuni tratti (a Talamona, ad esempio) è praticamente a secco: si intravede perfettamente il letto del fiume e i sassi hanno avuto la meglio. In diminuzione anche i laghi Maggiore e Garda, le cui riserve però non destano per ora preoccupazione.
Complice il caldo, che però secondo i meteorologi non è arrivato quest’anno a livelli eccezionali. «Il problema - spiega Giorgio Cesari, direttore generale dell’Apat, l’associazione per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici - non sono le temperature estive, ma l’inverno e la primavera di quest’anno, che sono state povere di precipitazioni ed estremamente secche». Poche precipitazioni significano poche riserve. E poche riserve significano crisi idrica a luglio-agosto, come spiega Cesari: «Quando poi arriva l’estate bisogna fare i conti con l’evapotraspirazione, ossia l’esigenza di irrigare di più e più spesso». Basti pensare che dei 50 miliardi di metri cubi che in un anno vengono «usati» nel nostro Paese, più della metà (circa 30 miliardi di metri cubi) vengono sfruttati per l’agricoltura, in modo massiccio nei periodi estivi. «Un fenomeno - spiega Cesari - che riguarda in particolar modo i Paesi del bacino mediterraneo, tra cui anche l’Italia, ma varia a seconda di latitudini e temperature». Dopo un inverno scarso di piogge, quindi, «l’idroesigenza» è più alta.
Nulla a che vedere però con l’estate 2003, ricordata come una delle più critiche negli ultimi dieci anni: «Due estati fa il caldo è cominciato prima ed è stato più prolungato,- spiega il direttore dell’Apat - e non posso dire che ora ci sia la stessa situazione di allarme». Niente allarme-siccità, quindi, ma la situazione rimane «di attenzione soprattutto al Nord». Le regioni meridionali infatti possono contare su riserve «ben rifornite»: grandi serbatoi artificali riempiti in più anni. A questo poi si aggiunge lo stato più che soddisfacente dei laghi del centro Italia, «pieni» da due-tre anni.
La situazione di difficoltà infatti rimane al Nord e gli occhi sono puntati in particolare sul Po. A lanciare l’allarme, già a giungo, era stata la Coldiretti, che reclamava «adeguate politiche indirizzate a una capitalizzazione dell’acqua». La creazione e gestione delle risorse idriche rimane un problema da affrontare.

Proprio ieri si è mossa la Regione Emilia Romagna, con la richiesta della costruzione di una cabina di regia non solo tecnica per monitorare la situazione del Po. L’esigenza è quella di elaborare proposte per il perfezionamento della rete di osservazione e per arrivare a fronteggiare situazioni di parziale emergenza come quella attuale.

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