Venezia 2020

Poca mondanità ma tanta commedia

Sul red carpet non ci sono star planetarie. Però si riscopre il piacere di stare in sala

Poca mondanità ma tanta commedia

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Poca mondanità ma tanta commedia

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Venezia. Finita la prima settimana, facendo i primi conti e incrociando le dita, la Mostra ha la meglio su pessimisti e cassandre, e sta facendo molto bene - da tutti i punti di vista, culturale e economico - alla città. Venezia è viva, viva Venezia.

Ieri il New York Times ha pubblicato un lungo, entusiasta reportage dal Lido, raccontando che cosa significa ritornare nelle sale e celebrare il cinema dentro un sistema di sicurezza ineccepibile per quanto inflessibile (è vero: qui devi tenere la mascherina da quando esci dall'albergo per la prima proiezione delle 8,30 fino al rientro alla sera, per 14-16 ore di fila, con l'unica eccezione del pranzo e dei caffè: nella cittadella del cinema, dentro e fuori le sale, sei curato a vista), elogiando l'organizzazione e la disciplina degli italiani. E The Hollywood Reporter, sempre ieri, celebrava il «modello Venezia» come il migliore da seguire per tutti i prossimi festival cinematografici globali. Italia: 1 - Resto del pianeta: zero. E non è un film.

Certo il glamour Gli anni scorsi una giornata tipo vedeva sfilare Brad Pitt o Johnny Depp (e magari tutti e due), Mick Jagger e Roger Waters, Joaquin Phoenix e Timothée Chalamet, Meryl Streep o Scarlett Johannson, mentre quest'anno - meno star uguale meno fan, meno red carpet uguale meno zone rosse - il massimo del lusso sono Elodie e Giulia De Lellis (domani l'evento è l'arrivo di Baby K). Non si può avere tutto dalla vita, figuriamoci dal cinema.

Persino la mancanza di polemiche - che quasi sempre fanno rima con politica - ha dei risvolti positivi per un festival: più idee, meno ideologia. A proposito. Ieri sera al Lido è arrivato Matteo Salvini, con la compagna Francesca Verdini, belli e eleganti (ma nessuno lo ha detto, del Capitano si deve parlare sempre e solo male). Ha visto Padrenostro, non ha dato giudizi né manipolato alcunché (ed è stato bravissimo a non farlo, chapeau) e ha detto «Viva il cinema» e «Ripartiamo dalla Cultura». Perfetto. È stato l'unico politico a farlo. Gli altri? Franceschini non si è sentito, e gli altri non pervenuti. Spiace solo che Favino, protagonista di Padrenostro, quando ha saputo di Salvini - un privato cittadino che prenota un film per puro piacere - si sia sentito in dovere di specificare che lui non lo aveva invitato (mancano i politici, ma il politicamente corretto abbonda).

E così alla fine, meno glamour e poca politica, restano i film. E una sana voglia, di questi tempi, di leggerezza. Fra tante pellicole di guerra, documentari eco-catastrofici e film di piombo (intesi come anni), i più apprezzati sono le commedie sofisticate o i (melo)drammi disimpegnati. Il piccolo film di Almodóvar. La commedia in puro british humour The Duke, amatissima da tutti qui al Lido. O, ieri, il film franco-bega Mandibole - 77 grotteschi, surreali, divertentissimi minuti - di Quentin Dupieux. È straordinario tornare a ridere alla stessa battuta, tutti insieme, nel buio di una grande sala. Di solito è normale.

Quest'anno una magia.

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