Pochi medici, la Lombardia studia l’università mista

La Lombardia sperimenta le università miste. Per ora è solo un progetto ma presto potrebbe diventare il modo migliore per risolvere il problema della carenza di medici. Come accade per la sanità, dove ci sono ospedali pubblici e privati, così accadrà dietro ai banchi delle facoltà di medicina. Dove siederanno studenti «pubblici» (cioè che hanno passato un test e che pagano le rette statali) e studenti «privati» (cioè che si pagano da soli l’intera quota, senza il contributo dello Stato, o che si fanno sostenere nelle spese da ospedali privati, aziende farmaceutiche e cliniche).
La formula è stata pensata dai sei presidi delle facoltà di medicina lombarde e dall’assessore lombardo alla Sanità Luciano Bresciani. Obbiettivo: trovare un’alternativa al numero chiuso. E far fronte al problema delle corsie deserte. Il progetto prenderà forma nei prossimi mesi. Primo passo: gli atenei faranno due conti per dire quanto costa ogni singolo studente e quanti posti in più potrebbero mettere a disposizione. «Valuteremo il costo dei docenti da assumere, delle aule da aggiungere e dei laboratori - spiega Virgilio Ferrario, preside della facoltà di medicina della Statale - ed entro l’estate forniremo le nostre tabelle alla Regione Lombardia». Con i costi alla mano si potrà fare un piano. I posti che non saranno coperti dai finanziamenti dello Stato, saranno sostenuti dai privati.
«È un progetto che andiamo a disegnare - spiega Bresciani - e che dopo un’opportuna maturazione interna passerà al presidente Roberto Formigoni, che ne parlerà con i ministeri competenti: Salute, Miur, Economia». Secondo l’assessore, che nei giorni scorsi ha lanciato l’allarme e la provocazione («valutare l’abolizione del numero chiuso nelle Facoltà di medicina»), si tratta di «un lavoro che certamente rispecchia la tendenza a rispondere in modo federale al fabbisogno regionale di medici». Pur «nel rispetto delle competenze generali del ministero», precisa. Suona come un primo passo per creare un rapporto diretto, all’interno della regione, tra Pirellone e atenei.
Il preside Ferraio ci tiene a precisare che il nuovo metodo: «non creerà studenti di serie A e di serie B». Il percorso di studi sarà esattamente lo stesso. L’università mista permetterà di rimpinguare le fila dei medici dal 2015 in avanti. Ma cosa accadrà nel 2015, già annunciato come l’annus horribilis della sanità? L’anno in cui nelle corsie ospedaliere ci saranno 4.700 medici in meno? Bresciani e la squadra dei presidi lombardi hanno già pensato al piano d’emergenza. Innanzitutto si potranno «importare» i rinforzi dal Lazio, che conta molti camici bianchi in più della Lombardia a fronte di una popolazione meno numerosa.

Poi si punterà sui medici stranieri, magari incoraggiandoli a venire in Italia con borse di studio. Saranno utilizzati maggiormente gli specializzandi, ovviamente solo per certe mansioni. Ed entreranno in corsia anche gli studenti di medicina del sesto anno.

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