Roma - Ultimatum a Berlusconi: «Dimettiti o ti sfiduciamo». Dopo giorni di suspence hanno svelato le loro carte ieri i «terzopolisti», o neocentristi, o terzagambisti come li si vuol chiamare: Udc, Fli, Api (Alleanza per il centro), Mpa e Liberaldemocratici depositeranno nei prossimi giorni alla Camera una mozione di sfiducia contro il presidente del consiglio. La decisione è stata ufficializzata dopo la riunione del tridente dei terzopolisti Fini, Casini e Rutelli.
Vertice politicissimo svoltosi negli uffici del presidente della Camera a Montecitorio, sede istituzionale. Una circostanza quantomeno anomala sottolineata con sdegno soprattutto dalla Lega. A fine giornata il tris Fini-Casini-Rutelli ha portato a termine l’azzardo. «Siamo a quota 317, sommando le firme di Fli-Udc-Api-Mpa alla mozione già presentata da Pd e Idv», ha dichiarato convinto il capogruppo di Fli Italo Bocchino, giocando il suo piccolo bluff. A ieri mancavano infatti moltissime sottoscrizioni nel terzo polo. Sulla carta gli sfiducianti possibili non sono più di 314.
I finiani intanto hanno perso un pezzo. Nella riunione del gruppo convocata da Fini per serrare i ranghi sulla sfiducia, Giampiero Catone ha fatto sapere che non ci sta: si sfila, se ne va da Fli. Tre numeri di differenza non sono comunque bazzecole, soprattutto perché la maggioranza alla Camera è di 316 deputati e perché le firme sono per il momento annunciate e non tutte raccolte. Nel faccia faccia con i suoi, Fini ha fatto filtrare questo messaggio: «Le firme dimostrano che la fiducia alla Camera non c’è. Spero che con questo documento non si arrivi al 14».
Sì, perché la proposta indecente che i «responsabili» propongono al premier sono le dimissioni prima del voto di fiducia. I cinque partiti, con il repubblicano La Malfa e l’ex Pdl Guzzanti scrivono di riconoscersi in «un’area di responsabilità politico-istituzionale». Talmente responsabile da non volere il voto. La premura del gruppo di responsabilità è quella di «assicurare al Paese un governo solido e sicuro, in grado di affrontare la seria crisi economico-sociale e di evitare un inutile e dannoso ricorso alle urne». E dunque i «responsabili» alla «luce della comprovata inadeguatezza dell’attuale esecutivo» e per evitare «manovre di palazzo» ribadiscono «l’invito al presidente del Consiglio a dimettersi». A questo «fine» verrà depositata «una mozione di sfiducia» eccetera. Il comunicato, che qualcuno nel Pdl definisce in pieno stile «democristiano», invita con cortesia il premier a togliersi dai piedi ma non scioglie un nodo fondamentale: se Berlusconi dovesse assecondarli (circostanza ritenuta impossibile negli ambienti berlusconiani) i terzopolisti gli daranno una chance per guidare un nuovo governo? Non è chiaro: «Non ci sono preclusioni nei confronti di nessuno», risponde Bocchino. Casini avrebbe mostrato aperture con i suoi: se Berlusconi salisse da Napolitano, potrebbe lui stesso aprire «una nuova fase» del centrodestra. Tutto pur di non andare al voto.
Comunque sia, Fini, per dire, ieri alla Camera ha parlato per circa dieci minuti, in un colloquio privato, con Luca Cordero di Montezemolo. E se l’Udc appare un po’ più collaborativo («chiediamo a Berlusconi di dialogare», si fa sapere da area centrista) il presidente della Camera durante il vertice futurista ha mostrato intenzioni più rancorose: «Anche se si andasse a votare, ma io non lo credo, abbiamo qualche motivo in più per fare capire a Berlusconi che lui le elezioni non le vince». Mancano ora undici giorni al 14 dicembre. E si inizia a fare la conta. Per Maurizio Lupi (Pdl) Bocchino «dà i numeri del Lotto».
Ma vediamo le cifre. I finiani votanti fino a ieri erano 35 (Fini non voterà), ma ora sono 34 senza Catone.
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