La polemica «Azienda sessista»

Tra moglie e marito non mettere il dito. Ma neanche il mattoncino. Non a caso, al «signor Lego», stanno fischiando le orecchie. La sua «colpa»? Aver inserito nella cittadina in scatola di Legolandia qualche residente femminile. Per la precisione cinque amiche che chiacchierano (Dio, come gli piace chiacchierare!) al caffè, al salone di bellezza e guidando l’immancabile decappottabile. E poi, un’infinità di accessori con i colori che vanno dal rosa al fucsia. Benvenuti insomma nel bovaristico mondo di «Lego Friends» che strizza l’occhio alle bambine che fino a ieri i mattoncini Lego li usavano solo per tirarli in testa ai maschietti. Apriti cielo. Subito è scatta la solita - stucchevole - polemica. Sì, insomma: il dibattito; appassionante quanto un cineforum sulla Corazzata Potiomkin. L’accusa di genitori, psicologi, femministe (tutti evidentemente maturi per il ricovero) farebbe ridere se non facese piangere: «Il nuovo mondo in miniatura di Lego promuove forme evidenti di sessismo». «Sessismo», capito?
Ma il «signor Lego» - all’anagrafe, Jørgen Vig Knudsdorp - non ci sta a passare per un fallocrate (vista anche l’indisponibilità di mattoncini tondeggianti): «Vogliamo offrire esperienze di gioco anche alle bambine di tutto il mondo». Risultato: cinque ragazze «in carriera» (e ti pareva...) vestite alla moda, con lunghi boccoli e la vita sottile. Ci sono la bionda, la mora, la rossa, l’asiatica e l’afro-caraibica: così, giusto per non scontentare nessuno e magari beccarsi magari pure l’accusa di razzismo. Le eroine Lego si chiamano Mia, Stephanie, Olivia, Andrea (Andrea?)e Emma.

Vivono in una «casa dei sogni» nella cittadina Heartlake-City, girano in cabriolet e si rilassano in un caffè del centro. C’è già chi dice che siano cinque belle stronzette. Proprio come le loro omologhe in carne ed ossa di Sex and the city.

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