Tutto rinviato al 16 dicembre per capire come la Commissione Ue intende procedere sulla revisione alle norme green capestro relative al settore automotive. Quindi, niente 10 dicembre, cioè domani, e se il rinvio di una settimana non subirà ulteriori colpi di scena, la nuova data rappresenterà una sorta di ultima spiaggia. Un eventuale altro spostamento a inizio 2026 scatenerebbe, infatti, una valanga di lecite proteste. In gioco ci sono presente e futuro del comparto, della sua filiera e di tutti i lavoratori. L'industria europea dell'auto di gravi danni ne ha già subiti parecchi, sia dal punto di visto produttivo sia occupazionale sia come competitività. E se da Bruxelles, riconosciuto il fallimento del tutto elettrico dal 2035, arriverà l'atteso ok alla neutralità tecnologica, che prevede l'impiego anche dei biocarburanti, le raffinerie potranno programmare gli investimenti necessari per aumentare le produzioni e adeguare gli impianti alle nuove esigenze, tenendo sempre conto che il ricorso al fossile continuerà parallelamente ancora per anni.
Lo stesso ragionamento vale per la componentistica e le strategie dei costruttori. Proprio il ceo di Stellantis, Antonio Filosa, ha chiesto all'Ue di allentare le norme sulle emissioni per i furgoni, di concedere forti incentivi a beneficio delle auto piccole, di dare un ruolo ai carburanti sostenibili e di adottare misure per aiutare i proprietari di auto obsolete a sostituirle con modelli più puliti.
Apertura ai biocarburanti a parte, la revisione imminente delle norme green dovrebbe prevedere l'allungamento dei tempi di applicazione delle multe anti CO2 a carico dei veicoli commerciali (l'auspicio è la cancellazione delle sanzioni, già fatte slittare, che obbligano i produttori di auto ad adottare piani non in funzione della domanda), una forte spinta all'acquisto di piccole vetture elettriche, ma anche l'obbligo per i costruttori - in cambio degli incentivi - di rifornirsi massicciamente dalla filiera europea: il cosiddetto Buy European. Da tale obbligo sarebbero escluse le materie prime necessarie per le batterie, vista la provenienza per lo più asiatica.
Giornate intense per il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che domani fornirà ulteriori dettagli all'assemblea annuale di Anfia. «Ci attendiamo una revisione radicale ed efficace - le sue parole - in piena sintonia con la linea tracciata dalla premier Giorgia Meloni e dal cancelliere tedesco Friedrich Merz (sua la recente lettera-schiaffo alla connazionale Ursula von der Leyen sull'urgenza di un nuovo corso), entrambi da mesi in trincea per difendere le rispettive case auto e l'industria continentale, preservando il ruolo di biofuel, e-fuel e, non ultimo, la sopravvivenza dell'ibrido».
I nuovi criteri, negli auspici di Urso, dovrebbero inoltre estendersi anche a veicoli pesanti e furgoni. «Non c'è più tempo da perdere per fermare l'invasione anomala e sleale della sovrapproduzione asiatica in Europa», ha sottolineato il ministro dopo un confronto con la ministra dell'Economia tedesca, Katharina Reiche, e il collega francese all'Industria, Sébastien Martin, suggellando un asse operativo con Berlino e Parigi.
E se pure il 16 dicembre andasse a vuoto? Guido Guidesi, assessore lombardo e presidente dell'Alleanza delle 40 Regioni automotive europee, ha già messo le cose in chiaro: «Altri posticipi o temporeggiamenti sono inaccettabili.
Senza interventi, la Lombardia si farà capo di una protesta contro il rischio di desertificazione industriale». Anche Roberto Vavassori, presidente di Anfia, e Maria Rosa Baroni, a capo del Consorzio Ngv (filiera gas naturale), minacciano azioni di protesta.