
Accordo commerciale più vicino tra Unione Europea e Stati Uniti. L'intesa imporrebbe dazi del 15% sulle importazioni europee, sul modello dell'accordo che Donald Trump ha raggiunto con il Giappone. A rivelarlo è il Financial Times, citando tre fonti informate e affermando che Bruxelles potrebbe accettare i "cosiddetti dazi reciproci" per scongiurare la minaccia del presidente americano di portarli al 30% entro il primo agosto. A confermare il possibile accordo diplomatiche europee, specificando che la decisione finale è nelle mani del presidente Trump. L'accordo includerebbe anche la clausola Mfn (Nazione più favorita, pari al 4,8% per gli scambi Ue-Usa) con alcune esenzioni ancora da definire; in cambio, Bruxelles potrebbe ridurre i propri dazi a livello Mfn o allo 0% per alcuni prodotti.
A sbloccare la situazione a favore di un avvicinamento delle parti probabilmente ha contribuito la strategia dell'Europa che davanti ai dazi imposti dal presidente americano aveva minacciato nuove tariffe dal 7 agosto su una lista di prodotti per un valore di 93 miliardi. La tregua commerciale fra Bruxelles e Washington è garantita fino al 31 luglio, ma la Commissione europea è pronta ad alzare le barricate se i negoziati con gli Stati Uniti non dovessero trovare un esito positivo per le parti. La lista della Commissione nasce dall'unione della prima e della seconda lista circolate a Bruxelles. Domani si terrà il voto nel comitato Trade Barriers.
I dazi americani sull'acciaio resterebbero fuori dallo schema dell'intesa al 15%, con la conferma della tariffa al 50%. È quanto spiegano più fonti europee dopo che la Commissione ha aggiornato i 27 sul negoziato tra Ue e Usa. Le fonti confermano che Bruxelles attende un segnale da Washington sullo schema dell'intesa e nel frattempo ha rinnovato l'invito all'unità ai Paesi membri, astenendosi da negoziati bilaterali con gli Usa.
Per quanto riguarda possibili contromisure al di là dei contro-dazi sulle merci statunitensi, in caso Stati Uniti e Unione Europea non raggiungessero un accordo nell'ambito del negoziato in corso sui dazi, sembra esserci una maggioranza qualificata tra Stati membri dell'Ue favorevole all'attivazione dello Strumento anti-coercizione (Aci). L'esecutivo Ue ha condiviso un'informativa sui passaggi preparatori da intraprendere in caso si decidesse di ricorrere all'Aci; finora solo la Francia ha richiesto l'immediata introduzione delle misure coercitive che questo prevede, spiegano le fonti.
In attesa della data cruciale continua la strategia della tensione di Trump che sul suo social "Truth" oggi ha scritto: "Abbasserò i dazi solo se un Paese accetta di aprire il suo mercato. In caso contrario, dazi molto più alti". Senza un accordo il Vecchio Continente si troverebbe a dover pagare tariffe del 30% a partire dal 1° agosto, che si sommerebbero alle altre già in vigore da diverse settimane su acciaio, alluminio e automobili. "La priorità è il negoziato ma parallelamente continua la preparazione delle contromisure", hanno fatto sapere dall’esecutivo europeo.
In questo braccio di ferro verbale le trattative trovano spazio per avanzare. Mentre l’Ue continua i negoziati per trovare un'intesa con gli Usa, il Giappone ha firmato un accordo che prevede il 15% dei dazi contro il Paese asiatico. Da un lato Trump ha ottenuto la creazione di un fondo di investimenti giapponese da 550 miliardi che opererà negli Usa. Dall'altro lato il Giappone ha acconsentito ad acquistare 100 aerei Boeing, ad aumentare del 75% l’import di riso americano e di spendere almeno 8 miliardi in prodotti agricoli e 17 miliardi in prodotti militari targati Usa. "È forse l’accordo più importante mai fatto. Creerà migliaia di posti di lavoro», promette il presidente americano.
Consapevole della volatilità delle intenzioni di Trump, il governo di Tokyo parallelamente ha siglato un accordo anche con l’Unione europea. Oggi è stata siglata dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, l'Alleanza per la competitività che si regge su tre colonne: aumentare il commercio bilaterale sfruttando appieno il potenziale dell’accordo di partenariato economico; rafforzare la sicurezza economica potenziando il dialogo economico ad alto livello; e collaborare in materia di innovazione e transizione verde e digitale.
Davanti all'incertezza e ai cambi di direzione che caratterizzano il governo Trump, l'Europa ha deciso di cercare nuovi partner commerciali, e lo fa in modo esplicito per mandare un segnale diretto a Washington. "Stiamo lavorando per ristabilire il nostro partenariato con gli Stati Uniti su basi più solide", ha von der Leyen ricevendo la laurea honoris causa dall’università di Keio, a Tokyo per poi aggiungere: "sappiamo anche che l’87% del commercio globale avviene con altri Paesi, molti dei quali alla ricerca di stabilità e opportunità. Paesi da tutto il mondo vengono da noi per fare affari: dall’India all’Indonesia, dal Sud America alla Corea del Sud, dal Canada alla Nuova Zelanda. Stiamo tutti cercando di forgiare la nostra forza e la nostra indipendenza. Solo lavorando insieme possiamo farlo".
Tra le contromosse per arginare lo strapotere americano, von der Leyen ha annunciato anche l’intenzione di creare un’alleanza con i paesi firmatari del Cptpp (Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership) un'intesa commerciale che aggrega dodici Paesi, tra cui Australia, Canada, Giappone, Messico e Regno Unito non solo per difendere il libero scambio, ma anche per "guidare una riforma significativa del Wto, in modo che le regole del commercio globale riflettano le sfide odierne e i rischi futuri".
Tajani: "Dazi al 15? Trattativa in corso"
Sui dazi "la trattativa è in corso, quindi è difficile fare previsioni", ha detto il vicepremier e ministro degli esteri Antonio Tajani ospite di '4 di sera news' su Rete4. "Il 15% era una delle proposte degli americani, però bisogna ancora vedere, la trattativa è aperta. Quello che mi preoccupa è anche il rapporto tra dollaro e euro, è un rapporto dannoso con l'euro è troppo forte rispetto al dollaro", ha spiegato. "Io credo che serva un'azione forte da parte della Banca Centrale Europea, tagliare ancora di più il costo del denaro e fare un'azione, come è stato fatto durante il Covid, con il quantitative easing, cioè comprare titoli di stato dai vari Paesi per avere più monete in circolazione e per far diventare l'euro meno forte rispetto al dollaro.
Questo sarebbe un altro strumento per aiutare le nostre imprese, perché un aumento costante della forza dell'euro rispetto al dollaro significa far pagare dazi ancora più forti, perché oltre ai dazi ci sarebbe il sovrapprezzo dovuto alla forza dell'euro", ha aggiunto. "L'Europa sta pensando anche a delle contromisure, ma bisogna anche pensare a rendere meno forte l'euro rispetto al dollaro".