
L'idrogeno verde rischia di trasformarsi da promessa salvifica a tallone d'Achille della transizione energetica tedesca. È quanto emerge da un'inchiesta del Financial Times che ha interpellato i dirigenti delle principali industrie manifatturiere ed energetiche di Germania. Il responso è stato unanime: il carburante prodotto da fonti rinnovabili resta troppo costoso e poco competitivo rispetto a gas naturale e carbone. Un freno che potrebbe compromettere uno dei pilastri della strategia climatica di Berlino.
Miguel Ángel López Borrego, ceo del colosso siderurgico Thyssenkrupp, ha dichiarato che, se i prezzi non caleranno sensibilmente, l'azienda sarà costretta a utilizzare combustibili fossili per il nuovo impianto green di Duisburg. Attualmente l'idrogeno verde costa circa 6 euro al chilogrammo, più del doppio rispetto all'idrogeno grigio ricavato dal gas naturale, e secondo le previsioni potrebbe salire a 10 euro entro il 2030. Numeri che scoraggiano anche altri big del settore: ArcelorMittal ha rinunciato a convertire due stabilimenti tedeschi, mentre Daimler ha rimandato di anni la produzione di camion a idrogeno.
Alle difficoltà di mercato si aggiunge un quadro regolatorio decisamente complicato. Le regole europee impongono vincoli stringenti sulla provenienza dell'energia usata per l'elettrolisi, rendendo il prodotto ancora più oneroso. Sopna Sury, direttrice per l'idrogeno di Rwe, ha stimato che eliminando tali vincoli i costi potrebbero ridursi di almeno 2 euro al chilogrammo. Naturalmente non basteranno per rendere l'operazione conveniente.
La Germania è al top per emissioni di CO2 in Europa. Per questo motivo aveva posto l'idrogeno verde al centro della propria strategia di decarbonizzazione, con obiettivi ambiziosi: 10 Gigawatt di capacità di elettrolisi entro il 2030. Ma oggi la capacità installata è di appena 0,1 Gigawatt, con altri 1,3 Gigawatt in costruzione. Nel frattempo, il governo ha avviato i lavori per una rete centrale di 9.000 chilometri di gasdotti riconvertiti, dal valore di 20 miliardi di euro, da completare entro il 2032. Il nuovo esecutivo guidato dal cancelliere Friedrich Merz (in foto), pur confermando il sostegno all'idrogeno, ha ridotto i sussidi diretti all'industria. La ministra dell'Economia Katherina Reiche ha ribadito che la priorità resta la ripresa della crescita, segnalando un impegno meno aggressivo rispetto al precedente governo a guida tripartita con i Verdi. Secondo più osservatori, ciò riflette anche una forte apertura all'idrogeno grigio o blu, derivato da fonti fossili ma con sistemi di cattura della CO2. E c'è chi intravede opportunità: per Nils Aldag, ceo della Sunfire, gli investimenti infrastrutturali potrebbero aprire nuovi mercati.
Al di là della legittima
sensibilità ecologista del Financial Times, la questione è semplice. Poiché l'idrogeno verde è costoso e tale rischia di restare, la Germania deve scegliere: difendere la propria industria o sacrificarla all'ambientalismo.