Lavoro, Quercioli (Federmanager): “Le imprese potenzino i fondi rischi per fronteggiare gli indennizzi”

Il presidente Quercioli: “Serve una gestione consapevole per garantire la continuità aziendale”

Valter Quercioli
Valter Quercioli
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La recente sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittimo il tetto massimo di sei mensilità per il risarcimento in caso di licenziamento ingiustificato nelle imprese con meno di 15 dipendenti, è destinata a produrre effetti concreti nei bilanci aziendali. A fronte del possibile aggravio economico, secondo Valter Quercioli, presidente di Federmanager, l’unica risposta sensata e strutturale per le imprese è rafforzare la dotazione del fondo rischi.

“La sentenza si rispetta, come tutte le decisioni della Corte – osserva Quercioli – ma il punto è che essa riconosce la necessità, in alcuni casi, di un indennizzo maggiore delle sei mensilità finora previste. Nelle imprese medio-grandi, infatti, si può arrivare fino a 36 mensilità. Era illogico che nelle aziende più piccole non ci fosse lo stesso margine di valutazione per i giudici, soprattutto nei casi più gravi. Così la Corte restituisce ai tribunali uno spazio economico di apprezzamento più ampio per tutelare il lavoratore ingiustamente licenziato”. Uno spazio che, secondo le prime stime, dovrebbe attestarsi tra i 12 e i 18 mesi.

Quercioli non prevede un impatto generalizzato sul tessuto delle piccole imprese, almeno per quelle virtuose. “Nella nostra esperienza, le piccole imprese sane hanno a cuore i propri dipendenti e raramente si verificano licenziamenti arbitrari. Diverso è il discorso per quelle imprese che restano artificialmente piccole per beneficiare di vantaggi fiscali e giuslavoristici”, ha rilevato aggiungendo che “in questi casi si tratta spesso di realtà che fanno parte di gruppi economici più ampi e utilizzano la soglia dei 15 dipendenti come uno strumento di convenienza”. La Corte, osserva, “sta dicendo che oggi la dimensione formale non è più un indicatore affidabile della reale forza economica dell’impresa”.

Proprio in vista dell’aumento potenziale dei costi legati ai licenziamenti, Federmanager invita a una pianificazione preventiva. “Come per ogni rischio d’impresa, serve una gestione consapevole. Le aziende devono dotarsi di un fondo rischi ben calibrato. Dove il rischio è minimo non serve accantonare grandi risorse, ma in quelle realtà che hanno fatto dei licenziamenti strumentali una leva di gestione, è evidente che devono essere in grado di coprire i costi che ne derivano”, ha rimarcato.

Secondo Quercioli, la corretta dotazione del fondo rischi rappresenta un’azione di buona governance. “Il fondo rischi serve a proteggere l’impresa nel lungo periodo. Significa destinare una parte degli utili non alla remunerazione del capitale ma alla sostenibilità dell’impresa stessa”, puntualizza evidenziando che “oggi viviamo in un contesto pieno di incognite, e le aziende che non sanno gestire i rischi finiscono col pagare un prezzo altissimo”. Il licenziamento ingiustificato, prosegue, “è uno di quei rischi tutto sommato prevedibili: un’impresa sa cosa sta facendo e se vuole perseguire scelte aggressive nella gestione della forza lavoro, allora deve anche essere pronta a sostenerne i costi”.

Più in generale, la sentenza si inserisce in una lenta ma continua erosione del modello tracciato dal Jobs Act. Quercioli riconosce che la misura ha creato negli anni una sorta di dualismo tra lavoratori assunti prima e dopo la sua entrata in vigore. “Il Jobs Act ha generato una forza lavoro di serie A e una di serie B. La Corte Costituzionale ci sta suggerendo che la gestione del personale non può dipendere dalla data di assunzione”, argomenta. “Le ragioni che avevano portato alla riforma – in primis l’eccessiva rigidità del mercato – oggi non sono più così attuali. Al contrario, oggi il problema è trattenere le persone in azienda, non liberarsene. Mancano i giovani, mancano i talenti, e nei prossimi anni andrà in pensione una parte consistente della forza lavoro. Le imprese non possono permettersi di perdere chi ha competenze”, conclude Quercioli.

Un messaggio chiaro, dunque, non solo per il mondo politico, ma anche per il tessuto imprenditoriale: la gestione del

lavoro deve diventare più responsabile, coerente e orientata al lungo periodo. E la sentenza della Corte è solo un tassello in un processo più ampio di revisione della cultura del lavoro e della sostenibilità dell’impresa.

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