
Via libera del Consiglio dei ministri al primo decreto legislativo di riforma del Tuf, come previsto dalla Legge Capitali. Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, intervenendo all'assemblea di Assonime, ha sottolineato come a questo «farà seguito un secondo decreto in ambito sanzionatorio penale e amministrativo». Il titolare del Tesoro ha inoltre precisato che il dlgs «sarà sottoposto alla discussione parlamentare, consentendo agli stakeholder di poter intervenire» su temi sensibili.
Tra le novità più significative figura il ritorno della soglia obbligatoria per l'Opa dal 25 al 30% per tutte le società quotate, la riduzione da dodici a sei mesi del periodo di riferimento per il calcolo del prezzo d'offerta e l'introduzione della definizione di parti interessate che consente alla Consob di esercitare poteri di vigilanza informativa più efficaci. La soglia dell'Opa di consolidamento (per chi già detiene tra il 30 e il 50% di una quotata) passa dal 5 al 10% di ulteriore capitale acquisito. Abbassata la soglia da raggiungere per l'Opa preventiva (la formula per evitare quella obbligatoria) che scende dal 60 al 50% del capitale. Per lo squeeze-out delle minoranze, infine, basterà detenere il 90% e non più il 95%. Oltre alla possibilità di redigere i documenti d'offerta esclusivamente in inglese, viene introdotto anche il principio put up or shut up (o ti dai da fare o stai zitto). Quando circolano voci o notizie su una possibile offerta pubblica la Consob potrà imporre al potenziale acquirente di chiarire le proprie intenzioni entro un termine deciso dall'Autorità. Se l'interessato non risponde o dichiara di non voler procedere, gli verrà vietato per i successivi dodici mesi di lanciare un'offerta sulla stessa società.
Il decreto interviene anche sulle cosiddette «persone che agiscono in concerto», sostituendo le presunzioni assolute con presunzioni relative, garantendo comunque la tutela degli investitori attraverso l'obbligo dei potenziali concertisti di dimostrare la mancanza dei requisiti. In tema di comunicazioni regolamentate viene eliminato l'obbligo di pubblicazione sui quotidiani nazionali. Un risparmio modesto che non è detto non comprometta la trasparenza, vista la scarsa alfabetizzazione informatica degli italiani.
La riforma si inserisce anche in un'ottica di rilancio del mercato dei capitali, affrontando uno dei problemi più sentiti negli ultimi anni: il fenomeno dei delisting. Il provvedimento mira, infatti, a favorire un downlisting ossia il passaggio dal listino principale a mercati più flessibili come l'Euronext Growth Milan come alternativa all'abbandono della Borsa. «Negli ultimi anni proprio il mercato Growth è quello che ha conosciuto la crescita più significativa», si legge ancora nel testo, e tale successo «può essere sfruttato per favorire l'accesso e la permanenza delle imprese sul mercato dei capitali».
Sul fronte della governance, la riforma prevede la possibilità per gli statuti delle società di nuova quotazione di determinare modalità di elezione del consiglio di amministrazione in deroga al sistema del voto di lista, semplificando procedure complesse e allineandosi agli standard internazionali. Viene inoltre introdotta maggiore flessibilità nelle assemblee, che potranno svolgersi anche in modalità esclusivamente telematica, e razionalizzate le politiche di remunerazione e voto consultivo. Divieto assoluto d'ingresso ai disturbatori: potranno intervenire solo i soci con almeno lo 0,1% del capitale.
La riforma interviene anche sulle partecipazioni incrociate, limitando la portata della disciplina prevista dal Tuf, con l'obiettivo di favorire alleanze strategiche tra imprese. Viene così abrogato l'articolo 121 comma 3, che imponeva limiti sulle partecipazioni incrociate (3%; 5 o 10% per le Pmi) e la sospensione dei diritti di voto eccedenti le soglie stabilite.