Politica economica

«Sfide europee insostenibili se si applica il nuovo Patto»


Giorgetti: «Il Def sarà leggero, con numeri interessanti». Stoccata alla Ragioneria generale dello Stato sul bilancio

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La riforma del Patto di Stabilità comporterà un ampio ripensamento di obiettivi e competenze sia da parte della Commissione Ue che per le istituzioni italiane, dalla Ragioneria Generale dello Stato agli enti locali. È quanto ha sottolineato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ieri in audizione presso le commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato sulla nuova governance economica europea.
«Ho sempre detto che rispetto alle sfide della transizione energetica e digitale e, ora, della difesa le regole che i ministri delle Finanze andavano a discutere erano inidonee perché non permettono di finanziare investimenti di questa natura», ha detto Giorgetti nel corso della replica. Dinanzi a impegni che potrebbero raggiungere e superare i 700 miliardi di euro, ricostruzione dell’Ucraina esclusa, ci saranno ovviamente difficoltà. La speranza, ha evidenziato il ministro, è che la nuova Commissione Ue che sortirà dalle elezioni di giugno sappia discernere la qualità delle spese.
È chiaro, quindi, che il Def 2024, che dovrebbe essere varato dal Consiglio dei ministri il 9 aprile (ha annunciato Giorgetti), avrà «una conformazione leggermente diversa rispetto al passato, sicuramente più leggera» e «un contenuto assai asciutto», sebbene «con numeri interessanti». La vera partita, infatti, si giocherà con la Nadef a settembre anche se l’obiettivo sarà avvicinare il deficit/Pil all’obiettivo del 4,3%, forse qualche decimale sopra. Il ministro, infatti, ha ribadito come sia ormai «scontato che la Commissione Ue raccomanderà al Consiglio di aprire una procedura di disavanzo eccessivo» in quanto la procedura di disavanzo era già scontata nel Def che abbiamo presentato l’anno scorso. «I Paesi che sono in procedura di deficit ciclico cioè noi, la Francia e altri dieci abbiamo altri tipi di regole che sono quelle della riduzione dello 0,5% annuo» del deficit, quindi «non siamo così fessi da non aver fatto un negoziato non sapendo esattamente quale fosse lo scenario in cui andavamo a inserire lo scostamento» varato con la legge di Bilancio 2024 per garantire il taglio del cuneo e il primo modulo di riforma Irpef per i redditi bassi.
Insomma, Giorgetti ha spiegato al Parlamento che quello assunto dal governo rappresentava una sorta di rischio calcolato. E i dati macro, va detto, gli stanno dando ragione. Ma poiché l’Italia è nel mirino dei frugali - e questa è stata la seconda parte del suo ragionamento - sarà opportuna una nuova disciplina del bilancio pubblico che coinvolga tutte le parti in causa. A dare un maggiore contributo dovranno essere enti locali e ministeri perché i numeri dell’Istat sono formulati su base statistica e non sui dati reali di tutti i Comuni e perché la Ragioneria (basta con i crediti d’imposta non «controllabili» dopo il caos Superbonus) «a ottobre-novembre fa le pulizie con i residui non spesi e tira fuori 4-5 miliardi che contribuiscono ai saldi». Serve responsabilità «affinché non ci sia qualcuno che fa il furbo». Giorgetti ha infine confermato la propria «indisponibilità» a rivestire il ruolo di commissario nel prossimo esecutivo comunitario.
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