Lo spread a 2 anni è il vero successo

Nel 2022, anno elettorale e di grandi diffidenze, il differenziale ondeggiava tra 60 e 100 punti, con fiammate ben oltre quota 100 nel pieno della campagna elettorale. Ora, in piena era Meloni, la curva si è appiattita

Lo spread a 2 anni è il vero successo
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Che lo spread tra Btp e Bund decennali si sia fortemente ristretto è un fatto noto. Ma anche la parte corta della curva, quella costruita sui Btp-Bund a due anni, racconta una storia interessante: il differenziale con i Bund tedeschi è infatti sceso a circa 20 punti base, livelli che non si vedevano da oltre un decennio. Niente di sensazionale per i non addetti ai lavori, ma chi maneggia liquidità a breve termine sa bene che è lì che si misura il polso della fiducia vera dei mercati. E oggi quel polso batte tranquillo.

Nel 2022, anno elettorale e di grandi diffidenze, il differenziale ondeggiava tra 60 e 100 punti, con fiammate ben oltre quota 100 nel pieno della campagna elettorale. Ora, in piena era Meloni, la curva si è appiattita e i mercati, senza grandi proclami, sembrano dire: «Ci fidiamo di più». Il punto non è che l'Italia sia improvvisamente diventata un modello di virtù fiscale. Il debito resta mastodontico e le promesse di crescita sono ancora più teoriche che pratiche. Ma, rispetto al passato, il Paese non dà più la sensazione di poter deragliare da un momento all'altro. La premier e il suo ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, hanno imboccato la via del realismo: pochi fuochi d'artificio, tanto lavoro di contenimento, e nessun braccio di ferro suicida con Bruxelles. Una formula magari un po' noiosa, ma evidentemente gradita agli investitori.

Certo, lo spread è anche figlio dei tempi: la Bce ha smesso di spaventare, la frammentazione dell'Eurozona non fa più notizia e le scommesse contro i Paesi periferici non rendono più come un tempo. Ma resta il fatto che, dopo anni in cui l'Italia era sinonimo di rischio politico, oggi il mercato ci guarda con un misto di curiosità e rispetto. E se si allarga lo sguardo al 2010-2011, quando il differenziale superava 500 punti e l'Italia rischiava di essere commissariata, la distanza con l'attuale quiete è siderale. Il ricordo della crisi del governo Berlusconi serve da promemoria: la fiducia, una volta persa, costa anni per ricostruirsi. Oggi i numeri dicono che quella fiducia è tornata. Non è un atto d'amore verso Palazzo Chigi, ma un riconoscimento pragmatico: il governo Meloni, al netto delle rigidità ideologiche, si sta muovendo con una disciplina che i mercati non si aspettavano. Naturalmente, la prova del nove arriverà con la prossima Legge di Bilancio e con la gestione dei fondi europei: lì si vedrà se la prudenza resterà una strategia o diventerà una necessità. Per ora la linea Meloni-Giorgetti funziona: il Paese appare più prevedibile, il debito più gestibile, e lo spread almeno a due anni non fa più paura a nessuno.

Ma deve essere ben chiaro che la

fiducia dei mercati non è mai un premio definitivo, semmai un credito da meritare ogni giorno.

Se però l'Italia saprà trasformare la stabilità in crescita e la prudenza in visione e progetto, allora sarà davvero rivoluzione.

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