
Una crisi drammatica, ma necessaria. Angela Merkel è tornata in Grecia quindici anni dopo la drammatica crisi finanziaria che mise in ginocchio il Paese e che, cinque anni più tardi, rischiò di mandare gambe all’aria l’Eurozona. L’ex cancelliera tedesca ha presentato il suo nuovo libro "Freedom" al Centro Culturale della Fondazione Stavros Niarchos e nell’intervista rilasciata al caporedattore di Kathimerini, Alexis Papachelas, ha rivendicato e difeso tutte le sue scelte politiche.
“Non ho mai immaginato che la Grecia avrebbe affrontato una crisi così drammatica” la sottolineatura della Merkel, che ha ricordato di aver invocato nel febbraio del 2010 “la clausola di non salvataggio nell’euro, non potevo fare altrimenti”. “Ho studiato fisica, conosco i numeri. Sapevo che pochi milioni non bastavano” ha aggiunto: “Come cancelliera, dovevo avere le basi legali per sostenere il programma di salvataggio davanti al Parlamento tedesco. Eravamo anche preoccupati per le banche, la situazione era davvero difficile”.
Tra i vari passaggi della chiacchierata con Papachelas, la Merkel ha tenuto a precisare di non aver mai chiesto l'uscita della Grecia dall'Eurozona, nonostante la sua posizione abbia portato a tensioni con il suo ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble. "Nel 2011, decisi che dovevamo fare tutto il possibile per mantenere la Grecia nell'euro. Avevamo tensioni su questo tema con Schaeuble, che voleva la Grecia fuori" ha ricordato l’ex cancelliera, che ha poi aggiunto di aver invitato Schaeuble – favorevole alla Grexit – ad accompagnarla a Bruxelles per un incontro chiave sulla crisi e lo ha chiamato ogni due ore per tenerlo informato sui negoziati: "Se la Grecia non voleva restare nell'eurozona, avrebbero dovuto dirlo i cittadini greci, non noi".
La Merkel ha poi definito la scelta di George Papandreou di ritirare la proposta di indire un referendum nel 2011 la “migliore decisione possibile” perché Bruxelles "non avrebbe saputo come gestire un'uscita della Grecia" dall'Eurozona. L’ex cancelliera ha ribadito che, secondo lei, Atene doveva tornare sulla “strada giusta” e ha poi ammesso di aver spesso interpretato il ruolo del "poliziotto cattivo" nei negoziati ed era consapevole della sua "impopolarità" in Grecia, ma ha affermato che "dovevamo tornare a un'economia equilibrata in Grecia".
"Tutto questo potrebbe non essere stato piacevole, ma lo Stato doveva avere entrate fiscali. Le cose stanno così. Ero molto ben informata" ha aggiunto la Merkel, sottolineando che, mentre lei e il suo ministro Schaeuble erano favorevoli a un taglio del debito, il presidente della Bce Jean-Claude Trichet e il presidente francese Nicolas Sarkozy si opponevano per il timore di una perdita di fiducia nell'euro: "Credevo che dovessimo sollevare la Grecia da questo peso, ma anche gli altri avevano buone argomentazioni. Per questo abbiamo intrapreso un percorso volontario".
Non è mancata una battuta su Donald Trump. Secondo Merkel il presidente degli Usa è un uomo che cerca l’attenzione e che brama la ribalta, ricordando come non le abbia stretto la mano durante un incontro nello Studio Ovale nel marzo 2017, ma che lo abbia fatto fuori dalla stanza. "Gli ho detto: 'Donald, voglio stringerti la mano', e lui non l'ha fatto. Voleva attirare l'attenzione su di sé. È quello che vuole, distogliere l'attenzione e far sì che tutti lo guardino. E lo si può vedere - ha aggiunto - da ciò che sta facendo con i dazi. Alla fine, deve ottenere buoni risultati per il popolo americano. Deve dimostrare le sue capacità, almeno nel suo Paese". Ma la Merkel non ha dubbi, Trump ne risentirà se i dazi porteranno i cittadini americani a pagare di più per i beni.
Per quanto riguarda l’Europa, il blocco deve rimanere unito senza farsi intimidire dalla Casa Bianca, reagendo con ulteriori dazi: “Non sto dicendo che dovremmo interrompere le nostre relazioni con gli Stati Uniti, ma dobbiamo avviare negoziati”.