Politica estera

Il discorso, poi il bagno di folla: cosa è successo a Biden a Capitol Hill

Joe Biden in grande spolvero nel tempio di Capitol Hill per il terzo Discorso sullo stato dell'Unione: aggressivo, tagliente ed energico. La trasformazione nel "candidato Biden" è servita. Ora c'è da chiedersi: durerà?

Il discorso, poi il bagno di folla: cosa è successo a Biden a Capitol Hill

Chiunque abbia ascoltato (e visto) il discorso sullo stato dell'Unione di Joe Biden, questa notte, avrà un solo pensiero in mente: quello non era il presidente Biden. Sono passate appena 72 ore dal risultato (scontato) del Super Tuesday perchè sleepy Joe si trasformasse in un mix tra energico comandante in capo e buon padre di famiglia della Nazione. Non solo, ma questa notte chi ha seguito fino all'ultimo il discorso del presidente degli Stati Uniti non avrebbe saputo più scindere il presidente dal candidato. "Incredibly aggressive", lo hanno definito numerosi commentatori della stampa americana: due parole che accanto allo figura di Biden sembravano un ossimoro, considerando i precedenti.

Biden alla ricerca del bagno di folla

I discorsi sullo stato dell'Unione sono da sempre un'arma a doppio taglio per i presidenti Usa: costringono a ratificare l'ovvio, spesso indulgendo in autoncensamenti inopportuni, oppure obbligano a tacere su questioni spinose e potenzialmente dannose per la presidenza in nome del politicamente corretto. Quello di ieri, tuttavia, sfugge a qualsiasi precedente negli ultimi quattro anni, trasformatosi in uno dei discorsi più energici ed assertivi della presidenza Biden, a riprova del fatto che quello di ieri non è stato-nei fatti-un Discorso sullo Stato dell'Unione, bensì un vero e proprio comizio alla Nazione del candidato incumbent Joseph Robinette Biden Jr.

Ma più che analizzare cosa ha detto il presidente, occorre soffermarsi sul dopo, che è valso più di mille parole. Compiuta la lunga filippica sul suo "predecessore" (che non ha mai citato con nome e cognome) e il lungo excursus sui propri meriti e progetti, Biden ha ceduto a velleità da rockstar: si è concesso ai presenti dopo la rottura delle righe, ironizzando sulle sue presunte "disabilità cognitive" dovute all'età. Un'occasione, il ritorno a Capitol Hill, che ha concesso al presidente di tornare a fare il pendolare dalla sua gabbia dorata a Pennsylvania Avenue, ma soprattutto di essere in mezzo ai "suoi". Selfie, abbracci, strette di mano, appalusi, battutacce e risate fragorose: viene da chiedersi chi sia questo canuto showman che ha galvanizzato per ben un'ora e mezza la platea senza cedere nemmeno una volta. Ma soprattutto, che ieri ha colmato a piene mani la solitudine dei numeri primi.

Un Biden in grande spolvero

Anche le immagini della stampa hanno a lungo indugiato sul "dopo", come raramente è accaduto in passato. Visivamente, i fotogrammi della dei media hanno trasmesso una sorta di "abbraccio" al presidente da parte dei fedelissimi a suon di baci sulla guancia e abbracci, come si tributa a un vero leader. Anche l'aspetto del presidente è sembrato decisamente differente rispetto alle immagini degli ultimi mesi, che lo hanno visto spesso spossato e claudicante. Viso liscio e luminoso, sorriso smagliante, andatura lenta ma sicura, a proprio agio rispetto alla folla che ha costretto l'organizzazione di Capitol Hill a invitare tutti a uscire, vista l'ora. "Harsh" (duro) e "Sharp" (tagliente) sono gli aggettivi che numericamente si impongono nei commenti a questo Biden alla caffeina che nessuno si aspettava, ma che il corso delle cose esigeva. Dallo scorso martedì, infatti, non si può più indugiare sul futuro, bisogna solo pensare a vincere. E il modus da compassato vecchio saggio di partito non solo mal si adatta ai tempi che corrono, ma soprattutto al confronto con il feroce avversario Donald Trump.

Il precedente discorso sullo stato dell'Unione di Biden

Poco più di un anno fa, Biden teneva il suo secondo discorso sullo Stato dell'Unione, un personal show a cui aveva assistito perfino Bono degli U2. Ma nulla in confronto alla notte appena trascorsa: sebbene i toni siano stati energici anche in quell'occasione, il precedente discorso era apparso più come una mescola tra l'agenda Biden e un invito alla collaborazione bipartisan ("Let's finish the job!" era stato il ritornello). Pochissima politica estera, che era stata lasciata in coda al discorso dopo il ricordo della pandemia, le riflessioni sulla classe operaia, il costo dell'insulina, i tassi di suicidio, la gara su chip e semiconduttori. Un anno dopo è tutto cambiato. Ed il primo segnale del cambio di passo è stato senza dubbio la vicenda di Capitol Hill, sulla quale fino ad oggi Biden ha sempre planato lievemente anche se con fermezza, pur di non intralciare il corso della giustizia. Ieri, guardando in faccia i congressmen non ha avuto mezze misure nel tuonare così, puntando il dito contro gli uomini e le donne seduti di fronte a lui: "Il mio predecessore e alcuni di voi hanno tentato di seppellire la verità sul 6 gennaio!".

Ma sono soprattutto i will, ripetuti all'infinito, che hanno costellato il discorso di Biden: "We will not walk away, we wil not bow down, I will not bow down!": messaggi che sottolineano una presa di responsabilità salda sul futuro a proposito dei due grandi nemici che l'America dovrà affrontare: Putin, all'estero, e Trump, in casa.

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