La buona eredità di un divorzio

Ora tutto il mondo progressista e liberal brinda e spera di riaccogliere Elon come un figliol prodigo, dopo avergli dato del pazzo squilibrato e drogato

La buona eredità di un divorzio
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Non poteva durare all'infinito il binomio Trump-Musk, era chiaro. Ma non era facilmente prevedibile che la liaison dangereuse più famosa della politica mondiale durasse poco più di centoventi giorni. Più facile immaginare come sarebbe finita: cioè malissimo, con uno scambio planetario di insulti e minacce reciproche. Era tutto troppo maiuscolo, quattro mesi in caps lock che hanno terremotato e un po' cambiato il mondo: d'altronde giacimenti personali smisurati di potere, denaro ed ego non potevano che generare fratture chiassose e schermaglie pirotecniche.

Ora tutto il mondo progressista e liberal brinda e spera di riaccogliere Elon come un figliol prodigo, dopo avergli dato del pazzo squilibrato e drogato (ma la sinistra non era quella della droga libera?) durante gli anni dell'amicizia con il tycoon. Perché, innegabilmente, il divorzio mondiale dei due Maga e mega imprenditori è un assist non da poco per una sinistra mondiale da anni evanescente e senza identità. Ma questi anni spericolati di intesa politica (non di certo economica, almeno per il patron di Tesla) hanno un'eredità e un portato che non possono essere dimenticati. Tecnodestra, con ogni probabilità, era solo un'etichetta buona per semplificare ciò che è complesso e

non indagare qualcosa di inedito e nuovo. Cionondimeno quel qualcosa di innegabilmente nuovo che si è mosso nella pancia della galassia destra non va né dimenticato, né abortito, perché è l'unica novità politica degli ultimi decenni. Il fatto che il progetto sia (temporaneamente) fallito non significa che alcune delle sue idee non abbiano gambe solide per andare oltre. Nel futuro. Un futuro che non ha nulla a che fare con i falsi miti del progressismo e che mancava totalmente da agende politiche collassate in una gestione del quotidiano che dimentica di avere un orizzonte. Serviva, per svegliarci dal torpore, lo choc di un visionario che immagina un domani multiplanetario con i razzi che come autobus ci portano su Marte. E serviva un politico disinibito e spregiudicato come Trump che mettesse tutti questi progetti fuori dai libri di fantascienza e dentro al calendario di ciò che è immaginabile e forse possibile. Serviva un «quanto basta» di caos produttivo, ma ai cuochi evidentemente è scappata la mano.

Non solo. Le pulsioni anarcoidi vagamente jungeriane e libertarie di Musk hanno rivitalizzato il dibattito nel mondo conservatore, in taluni casi anche spaccandolo. Lo sfacciato ed esagerato sodalizio con Trump - anche dal punto di vista comunicativo ed estetico

- ha contribuito, se non a eliminare, quanto meno a rendere agonizzante il politicamente corretto e le sue appendici woke. Scusate se è poco. I tecnosalotti della Silicon Valley - ultime ridotte di quel che resta del radicalchicchismo e centri di controllo degli algoritmi liberticidi che decidono quello che si può dire - sono stati portati a più miti consigli. Le esasperazioni green sono state smussate (anche a scapito di chi produce unicamente auto elettriche), i talebani dell'inclusione che si fa violenta esclusione nei confronti di chi pone anche solo qualche distinguo hanno dovuto capitolare di fronte alle regole della democrazia e del free speech. L'idea che lo Stato, lo statalismo e l'assistenzialismo vadano tenuti a bada hanno trovato una nuova giovinezza grazie a Musk e, a dire il vero, anche e soprattutto a Javier Milei. Lo hanno capito in molti, non tutti, forse nemmeno Trump.

Questo sodalizio, molto americano, che finisce tristemente in una scazzottata fra due cowboy in un saloon, lascia una complessa e cospicua eredità. Ma il tempo è galantuomo e quello che è stato seminato prima o poi germoglierà.

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