Boris Nadezhdin, il battagliero sfidante di Vladimir Putin alle presidenziali russe del 17 marzo, ha varcato il Rubicone.
Le 150mila firme raccolte per presentare la sua candidatura sono state consegnate alla commissione centrale che ora dovrà valutarne la validità e decidere se ammetterlo alle elezioni. È però doveroso chiarire due punti importanti. Il primo: Nadezhdin, 60 anni, fisico ed esponente di un piccolo partito liberale e filoccidentale, rappresenta l’opposizione vera al regime e non ha nulla a che spartire con i candidati dei partiti di cartone che sono presenti in Parlamento solo per permettere al Cremlino di inscenare una finta competizione politica da cui Putin esce sempre trionfatore. Secondo punto: in realtà deciderà Putin in persona se Nadezhdin sarà ammesso a sfidarlo, e tutto fa pensare ad un no. Altri veri oppositori che ci avevano provato, come Aleksei Navalny ed Ekaterina Duntsova, sono stati estromessi (Navalny, l’unico pericoloso, è finito al carcere duro in Siberia in quanto «estremista e terrorista»). Potrebbe esser fatta un’improbabile eccezione solo per poi attribuire all’anti-Putin un risultato truccato insignificante.
Nadezhdin sa bene che le elezioni russe sono una triste farsa, ma si gioca comunque le sue carte. E questo perché, in un contesto di restrizioni delle libertà politiche ormai quasi totale, le presidenziali rappresentano un’occasione unica per far emergere un’opposizione. Nadezhdin ha un coraggio al limite dell’incoscienza.
Fin dall’inizio della sua campagna si è proposto come l’anti-Putin: basta aggressioni agli Stati vicini, basta arruolamenti forzati e sì a una vera democrazia con piena libertà di espressione, amicizia con l’Occidente e condivisione dei suoi valori. A questo messaggio di sfida, che gli è valso il sostegno a distanza del vero capo dell’opposizione Navalny e dell’altro anti-Putin in esilio Mikhail Khodorkovsky, Nadezhdin aggiunge un pizzico di follia molto russa: pur sapendo che la legge punisce con 15 anni di galera chi osa criticare la guerra all’Ucraina, l’ha definita «un errore fatale» ed è arrivato a dire che Putin è contro di lui, ma dalla sua parte c’è Dio.
Tra i firmatari della sua candidatura, molti giovani stanchi di un panorama politico immobile da 25 anni, di un clima irrespirabile di nazionalismo fanatico e desiderosi di uscire dall’incubo della guerra. Anche solo esprimersi con una firma li ha fatti sentire per un momento cittadini e non sudditi, pur sapendo che a Nadezhdin non sarà permesso di vincere.
Ma perché allora Putin ha consentito questo piccolo successo dell’opposizione? Un po’ per messinscena e un po’ perché la sua polizia si ritrova adesso, senza sforzo, una lista di 150mila oppositori del regime completa di indirizzi e numeri di passaporto. Molti di costoro si troveranno presto al fronte ucraino con un fucile in mano e un altro puntato alla schiena.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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