
Non lo sappiamo ancora se il prossimo a sfidare il "trumpismo" sarà Gavin Christopher Newsom. Di certo nelle ultime settimane il governatore democratico della California si è guadagnato sul campo i galloni di maggior nemico di Trump, simbolo della resistenza alla battaglia del presidente contro l'immigrazione clandestina. Eppure, va ricordato, la lotta contro i clandestini è stata uno dei maggiori cavalli di battaglia nella campagna elettorale di Trump, quindi si tratta di un tema che, giocoforza, andrà preso con le molle.
Ma al di là delle candidature future e di ciò che accadrà nei prossimi mesi va sottolineato ciò che Newsom ha fatto e sta facendo: si è messo in rotta con la Casa Bianca cercando di difendere le prerogative degli stati nazionali. Una battaglia non da poco che a qualcuno fa tornare in mente nientepopodimeno che la guerra civile. Ora, senza dare troppo spazio alla fantasia e alle esagerazioni, è fuor di dubbio che il braccio di ferro tra governatore e presidente, con il secondo che ha mandato la Guardia nazionale (e persino i marines) per sedare gli scontri di piazza, senza che Newsom richiedesse tale aiuto, desta qualche dubbio.
Comunque la si guardi la vicenda ha tutti i contorni della sceneggiata politica. Un duro corpo a corpo dove i due contendenti sono pronti ad arrivare all'estremo per dimostrare alla controparte di avere ragione e di aver vinto. Con tutti i rischi del caso.
Se Trump storpia il suo cognome e lo chiama "Newscum" (spazzatura), e arriva a dire che se dipendesse da lui farebbe arrestare Newsom, il governatore risponde a muso duro: "Farò causa contro le misure illegali, immorali e incostituzionali del presidente bugiardo Trump".
È un botta e risposta violento, per certi versi anche triste se consideriamo normale la collaborazione tra i massimi vertici dello Stato. "Se non avessi mandato le truppe a Los Angeles le ultime tre notti, quella città, un tempo splendida e grandiosa, sarebbe ora in fiamme, proprio come 25.000 case rase al suolo a causa di un governatore e un sindaco incompetenti", scrive Trump su Truth attaccando sia Newsom che Karen Bass non solo per gli scontri ma anche per i ritardi sulla ricostruzione post incendi.
Per ora i soldati della Guardia Nazionale e i marines si sono limitati a proteggere proprietà e agenti federali, ma Trump non ha esitato a definire i dimostranti "insurrezionalisti", anche se non ha invocato l'Insurrection Act del 1807, che darebbe la possibilità ai militari di intervenire direttamente contro le proteste.
"È un momento straordinario, non voglio esagerare, ma queste sono parole di un autoritario - replica Newsom - che lui faccia seguire o meno i fatti, è reale la paura che provoca e siamo in momento molto grave".
Cinquantotto anni, figlio di un giudice e studi dai Gesuiti, Newsom è stato sindaco di San Francisco dal 2004 al 2011 e poi vicegovernatore. Nel suo passato c'è una vita sentimentale un po' turbolenta e qualche problemino con l'alcol. Ma da quest'ultimo problema è uscito.
È uno dei pochi politici democratici locali ad essere conosciuto in tutti gli Stati Uniti, e di sicuro questo scontro durissimo con Trump rafforzerà la sua leadership, quanto meno a livello mediatico. Da molti considerato troppo di sinistra (e quindi non in grado di piacere all'elettorato più moderato), la sua decisa svolta anti homeless è stata criticata - proprio dai liberal - e quindi, per certi versi, il suo baricentro politico si è riequilibrato.
Al di là di come andrà a finire l'aver impugnato
l'ascia da guerra per una battaglia simbolica contro Trump lo fa entrare di diritto sul palcoscenico politico nazionale. Si parla e si continuerà a parlare di lui. Trump ha "creato" un nuovo leader della sinistra americana.