Deroghe al patto di stabilità per la Difesa: la richiesta di 12 Paesi Ue

Flessibilità sui conti pubblici per aumentare la spesa militare. Bruxelles apre a ulteriori domande nel quadro del piano europeo di difesa "Readiness 2030"

Deroghe al patto di stabilità per la Difesa: la richiesta di 12 Paesi Ue
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Dodici Stati membri dell’Unione Europea hanno ufficialmente richiesto alla Commissione Europea l’attivazione della clausola nazionale di salvaguardia per aumentare la spesa nel settore della difesa, beneficiando così di margini di bilancio temporaneamente più ampi al di fuori dei vincoli del Patto di stabilità. Si tratta di Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Ungheria, Lettonia, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Slovenia.

Secondo quanto riferito da Bruxelles, altre domande potrebbero arrivare a breve. "L'Unione compie oggi un passo significativo verso un rafforzamento strutturale della propria capacità difensiva", ha dichiarato Valdis Dombrovskis, commissario europeo per l’Economia. “La clausola fornisce ai Paesi che ne fanno richiesta lo spazio fiscale per investimenti strategici, salvaguardando al contempo la disciplina finanziaria comune”. La Commissione aveva chiesto che le richieste venissero presentate in maniera coordinata entro la fine di aprile, onde evitare effetti distorsivi sui mercati finanziari, legati alla percezione della sostenibilità del debito sovrano. Tuttavia, ha chiarito che è prevista una tolleranza di alcuni giorni.

L’Italia, stando a fonti del MEF, deciderà sulla possibile attivazione della clausola solo dopo il vertice Nato di giugno. La Spagna, per bocca del ministro delle Finanze Carlos Cuerpo, prenderà una decisione nei mesi a venire. In Francia, il ministro delle Finanze Eric Lombard ha espresso perplessità, definendo insostenibile un ulteriore aumento del debito pubblico. Tra i cosiddetti Paesi “frugali”, i Paesi Bassi hanno già annunciato che non attiveranno la clausola, mentre la Svezia potrebbe incrementare la spesa militare in disavanzo, senza far ricorso allo strumento.

Il meccanismo fa parte del piano ReArm, oggi ribattezzato Readiness 2030, che prevede una mobilitazione complessiva di investimenti per 650 miliardi di euro nell’arco di quattro anni. A questi si aggiungerebbero 150 miliardi in prestiti garantiti dallo strumento Safe. Le risorse verrebbero impiegate per potenziare la capacità produttiva dell’industria militare europea e migliorare la prontezza operativa degli eserciti nazionali.

Alla luce dell’attuale scenario geopolitico, segnato dall’aggressione russa all’Ucraina, la Commissione considera queste spese straordinarie e legittimate da “circostanze eccezionali che mettono sotto pressione i bilanci pubblici europei”. Per evitare derive fiscali, tuttavia, Bruxelles ha posto dei limiti: la spesa difensiva finanziata attraverso la clausola potrà arrivare al massimo all’1,5% del PIL per ciascun anno di attivazione, e per un periodo massimo di quattro anni. Il conteggio ufficiale delle somme mobilitate sarà disponibile solo nel 2026, con la presentazione dei Piani strutturali di bilancio riferiti al 2025. Una stima preliminare potrebbe essere inclusa già nel pacchetto del Semestre europeo, atteso per il 16 maggio.

I tempi lunghi tipici

delle grandi commesse militari suggeriscono che l’effetto economico delle deroghe si manifesterà in modo graduale, ma secondo la Commissione rappresenta un cambiamento strutturale cruciale per la sicurezza collettiva europea.

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