
Il diavolo si nasconde nei dettagli. Per la prima volta dal 7 ottobre 2023 la fine del conflitto nella Striscia di Gaza (e il premio Nobel per la pace a Donald Trump) è davvero a portata di mano. Eppure, riferiscono fonti informate sui negoziati ad Abc News, l'intesa annunciata nella notte italiana tra Israele e Hamas riguarda solo i primi passi dell'accordo quadro per la pace nell'exclave palestinese sostenuto dall'amministrazione Usa e non la totalità dei 20 punti annunciati dal tycoon la scorsa settimana.
I punti critici
Stando alle fonti dell'emittente statunitense, i colloqui si sono infatti concentrati "quasi esclusivamente" su cosa sarebbe successo nei primi giorni e settimane dell'accordo e cioè il ritiro parziale di Israele da Gaza e lo scambio degli ostaggi, vivi e morti, con i prigionieri palestinesi. Sarebbero dunque rimasti fuori dalle trattative i punti più spinosi come il disarmo dei miliziani di Hamas e la governance di Gaza. La discussione di tali dossier dovrebbe essere negoziata "in futuro", riporta Abc News che sottolinea comunque come, nonostante ciò, nel corso della settimana si sia assistito ad un crescente ottimismo sulla svolta imminente nei colloqui e che l'accordo di massima sulla prima fase avrebbe superato le aspettative.
Il disarmo dei combattenti di Hamas è un tema che secondo diversi analisti e indiscrezioni di stampa ha diviso l'organizzazione islamista. Da una parte i fedayn, per lo più giovani e fortemente motivati a combattere dopo aver visto le loro case distrutte o i loro familiari uccisi dall'esercito di Tel Aviv. Dall'altra la leadership politica all'estero disposta a maggiori concessioni, ma non per questo totalmente "graziata" dallo Stato ebraico, come dimostra il raid in Qatar del 9 settembre a cui peraltro è sfuggito Khalil al Hayya, il principale rappresentante del gruppo sunnita ai negoziati che si sono svolti in Egitto.
Dubbi sulla tenuta dell'accordo riguardano anche le prossime mosse dell'esercito israeliano. Subito dopo l'annuncio dell'accordo, l'Idf ha rilasciato un comunicato in cui si legge che le forze di Tel Aviv hanno ricevuto l'ordine di "preparare difese forti ed essere pronte a qualsiasi scenario". "L'Idf accoglie con favore la firma dell'intesa per il ritorno degli ostaggi", recita il comunicato che specifica però che "gli schieramenti delle forze saranno effettuati in conformità con le direttive del livello politico e le fasi dell'accordo, con responsabilità e attenzione alla sicurezza dei nostri soldati".
Le linee dietro le quali si dovrebbero ritirare le forze israeliane sarebbe ancora in discussione, scrive il Wall Street Journal, e a riprova di quanto la situazione non sia ancora del tutto definita c'è il fatto che i militari israeliani hanno avvertito stanotte gli abitanti della Striscia che l'area a nord è ancora considerata una zona di combattimento "pericolosa" e che le truppe continuano a circondare Gaza City. Stando a quanto riportato da Al Jazeera, i caccia israeliani avrebbero bombardato nelle ultime ore le zone occidentali di Gaza City e avrebbero anche fatto detonare un veicolo blindato carico di esplosivo vicino alle abitazioni nel quartiere di Sabra.
Un altro punto su cui si potrebbero registrare notevoli frizioni è quello relativo allo scambio degli ostaggi, in particolare i deceduti, con i prigionieri palestinesi. Poco prima dell'accordo, fonti di Tel Aviv hanno dichiarato alla Cnn che Hamas potrebbe non essere in grado di trovare e restituire tutti i corpi degli ostaggi morti durante la prigionia nell'exclave palestinese, sino ad un massimo di 15 su 28. Sul fronte opposto, secondo Haaretz l'accordo che dovrebbe essere firmato oggi non specifica i nomi dei detenuti che Israele dovrebbe liberare e Hamas ha fatto sapere di essere in attesa di "un accordo finale" sulla lista dei prigionieri. I palestinesi vorrebbero ottenere il rilascio di Marwan Barghouti e Ahmad Saadat. Barghouti, considerato un terrorista dal governo israeliano e dunque una "linea rossa" per lo Stato ebraico, è stato denominato il Nelson Mandela palestinese e per diversi diplomatici internazionali potrebbe addirittura essere, se liberato, il prossimo leader dell'Anp.
Il futuro
"Sei sempre così negativo", avrebbe detto Trump a Netanyahu lo scorso fine settimana dopo lo scetticismo espresso dal premier israeliano in merito alle prime aperture di Hamas al piano Usa. Questa volta Bibi si sarebbe guardato bene dall'avere la stessa reazione. L'ufficio del leader israeliano ha infatti dichiarato che stanotte Trump e Netanyahu hanno avuto una "conversazione moto emozionante e calorosa e si sono congratulati a vicenda per lo storico risultato ottenuto".
Dopo le dichiarazioni a caldo arriva adesso la parte più difficile. Il timore tra i palestinesi è che le truppe israeliane possano riprendere a colpire dopo la liberazione degli ostaggi. L'incubo che incombe sull'accordo è una ripetizione di quanto accaduto dopo l'intesa in tre fasi raggiunta ad inizio anno dall'amministrazione uscente di Joe Biden e quella del suo successore repubblicano.
Un accordo che non è mai entrato nella sua seconda fase ed è fallito dopo il rilascio di una trentina di ostaggi israeliani. Questo è però il momento di sperare in un esito diverso. Per chi rimane e per chi non c'è più.