La tregua nella Striscia di Gaza è in stallo e corre il rischio di collassare. A manifestare dubbi sulla tenuta del cessate il fuoco tra Israele e Hamas sono alcuni funzionari dell'amministrazione Trump, i quali avrebbero espresso la loro preoccupazione per una possibile implosione degli accordi in documenti privati ottenuti da Politico. I timori dei rappresentanti della Casa Bianca sarebbero dovuti alle difficoltà di attuazione di molte delle disposizioni previste dal piano mediato da Washington e porterebbero alla luce il pessimismo degli americani nonostante le esternazioni pubbliche di segno opposto del tycoon e del suo team.
I documenti consultati da Politico sono stati presentati il mese scorso nel corso di una riunione convocata dal Comando centrale delle forze armate Usa (Centcom) e dal Centro di coordinamento civile militare istituito nel sud di Israele come parte dell'accordo. Al simposio hanno partecipato circa 400 persone provenienti dal dipartimento di Stato, dal dipartimento della Difesa, da organizzazioni non governative e istituti di ricerca come il Blair Institute (diretto dall'ex premier britannico Tony Blair) e da aziende private.
Uno dei punti di maggiore criticità evidenziati nelle oltre 60 diapositive presentate all'evento organizzato dal generale Michael Fenzel, coordinatore della sicurezza degli Stati Uniti per Israele e l'Autorità nazionale palestinese, riguarda la creazione della Forza internazionale di stabilizzazione volta a mantenere la pace nella Striscia. La presentazione, che include una sezione dal titolo "Il lavoro duro comincia ora: attuare il piano del presidente Trump", non propone soluzione politiche concrete e si limita ad illustrare una moltitudine di ostacoli che Washington e i suoi partner devono affrontare per trasformare la tregua in un accordo di pace (e di ricostruzione) duraturo. Dai documenti, che non contengono materiale classificato, emergerebbe comunque l'impegno dell'amministrazione repubblicana a rispettare l'accordo, nonostante la sua complessità e il pessimismo dei funzionari Usa.
In attesa che venga definita la composizione delle Forze di pace - Indonesia, Azerbaigian, Pakistan e Turchia si sono offerte di inviare truppe ma Tel Aviv ha espresso la sua perplessità in merito alla proposta arrivata da Ankara-, gli Usa stanno esplorando la possibilità di costruire una grande base militare nel sud di Israele, nelle vicinanze del confine con la Striscia. Secondo i piani trapelati sui media israeliani - di cui però l'Idf non sarebbe ufficialmente a conoscenza - l'avamposto in questione potrebbe ospitare migliaia di soldati americani e contribuire ai futuri sforzi di stabilizzazione internazionale. Uno degli scopi della base sarebbe quello di migliorare la capacità degli Stati Uniti di controllare direttamente gli eventi sul campo e dipendere di meno dalla cooperazione con Tel Aviv nei rapporti con Hamas, Egitto, Anp o altri attori che contribuiscono alla gestione di Gaza.
Se Washington cerca così di passare alla fase 2 del piano di pace, sullo sfondo si stagliano incognite quali la restituzione da parte di Hamas dei corpi degli ultimi ostaggi e la presenza di 150 miliziani di Hamas bloccati nei tunnel di Rafah che rifiutano il disarmo senza garanzie di un passaggio sicuro. Quanto poi alla ricostruzione, secondo la rivista Atlantic essa potrebbe essere limitata alla zona dell'exclave palestinese controllata da Israele dove la Casa Bianca punterebbe a costruire una prima "Comunità sicura alternativa" con un centro medico, una scuola e alloggi temporanei per 25 mila palestinesi senza legami con Hamas. In base a tale progetto pilota, gli aspiranti residenti verrebbero passati al vaglio dello Shin Bet israeliano e a coloro i quali sarà consentita l'ammissione non verrà permesso di tornare indietro.
Intanto torna al centro dell'attenzione internazionale anche il fronte caldo libanese dove nelle scorse ore Israele ha condotto dei raid con droni contro membri di Hezbollah. Sempre in Libano opera l'Unifil, la missione di peacekeeping delle Nazioni Unite incaricata di vigilare sul rispetto dei trattati lungo il confine tra Israele e Libano. Proprio in merito a questa missione il ministro della Difesa Guido Crosetto ha pubblicato oggi un post su X in cui ha riferito di un "cordiale e costruttivo incontro con il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per le Operazioni di Pace, Lacroix". "Al centro del dialogo", ha dichiarato Crosetto, "il ruolo essenziale delle Nazioni Unite nell'attuale scenario internazionale e la necessità di un multilateralismo rinnovato, capace di rafforzare l'efficacia delle missioni di pace e delle iniziative di stabilizzazione. La missione Unifil rappresenta un pilastro fondamentale per la stabilità e la sicurezza dell'intero Medio Oriente. Occorre pertanto valutare con attenzione modalità e tempi di un eventuale ritiro o, in alternativa, la possibilità di assicurare una nuova e solida presenza internazionale che ne raccolga l'eredità e ne garantisca la continuità".