Dopo la guerra l'Iran schiaccia ancor di più i dissidenti

La "Guerra dei 12 giorni" con Israele ha aumentato la repressione degli ayatollah sulla popolazione

Dopo la guerra l'Iran schiaccia ancor di più i dissidenti
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Una delle conseguenze della guerra tra Israele e Iran è l'aumento della repressione del regime degli ayatollah. Più di settecento persone sono state arrestate nelle ultime settimane in Iran, gran parte delle quali dissidenti politici, con almeno tre condanne a morte per impiccagione eseguite. Non sia mai di perdere le "buone abitudini" di chi, da 46 anni, governa con il terrore cancellando ogni minima forma di dissenso.

Appena iniziati i bombardamenti Benjamin Netanyahu aveva usato la carta del "liberatore", incitando l'opposizione iraniana, o quel che ne resta. Ancor più esplicito era stato Trump, auspicando un cambio di regime. In realtà nulla di tutto questo si è verificato. Khamenei e i pasdaran della Rivoluzione sono ancora al loro posto e la repressione è ancora più forte, comprese le limitazioni, sempre più stringenti, a Internet.

Alla fine delle ostilità, dopo il cessate il fuoco del 24 giugno, Khamenei ha rivendicato la vittoria su Israele e gli Usa. La sua vera vittoria è di essere rimasto al suo posto, nonostante tutto, e di poter rivendicare che il regime è ancora in piedi. Nei giorni della guerra si era nascosto in un bunker segreto, con i suoi comandanti che avevano difficoltà solo attraverso uno stretto collaboratore, escludendo in modo assoluto ogni forma di comunicazione elettronica. Alcuni esponenti di spicco, tra cui l'ex presidente Rouhani, invano hanno provato a parlare con lui per suggerigli di avviare negoziati con gli Usa.

Ma arrivati a questo punto Khamenei può dirsi del tutto al sicuro? Non proprio. E lui stesso lo sa. Israele e gli Stati Uniti hanno dimostrato di essere in grado di colpire a freddo, eliminando in pochi attimi i loro nemici più pericolosi. Potrebbe ripetersi, anche se il vuoto di potere andrebbe gestito. Il caos, infatti, potrebbe generare situazioni ancor peggiori.

Una cosa è certa. Il regime di Teheran farà di tutto per compattarsi e schiacciare ancora di più il dissenso, compresi, probabilmente, i cosiddetti movimenti riformisti. Che non sono uniti e compatti, questo è bene ribadirlo, ma di fronte all'oppressione ovviamente fanno fronte comune.

Se Khamenei dovesse uscire di scena cosa accadrebbe? L'ayatollah ha già indicato i suoi possibili successori: sono tre alti esponenti religiosi. Uno di loro sarà il nuovo leader, scelto dall'Assemblea degli esperti. Della terna non fa parte Mojtaba, figlio di Khamenei, un tempo considerato il favorito.

L'attacco a sorpresa di Israele contro l'Iran ha prodotto una paura tremenda di infiltrazioni. In ogni angolo, anche ai livelli più alti, potrebbe nascondersi qualcuno del Mossad. Siamo quasi ai livelli di paranoia, ma del resto l'intelligence israeliana ha dimostrato di saper arrivare ovunque, sino al cuore del potere di Teheran. Il sospetto, elevato ai massimi livelli, potrebbe indurre il regime ad allontanarsi ancora di più dalla popolazione. Che potrebbe diventare un "nemico interno da controllare o reprimere".

C'è da dire, però, che la guerra ha avuto anche un effetto per certi versi inatteso: improvvisamente il Paese si è ricompattato. Tutti uniti, nonostante le diverse fazioni e correnti. La Premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi, nota oppositrice, ha condannato l’aggressione esterna, anche se continua a battersi per la democrazia.

Human Rights Activists in Iran (HRAI), l'organizzazione che si occupa della difesa dei diritti umani nel Paese, afferma che la gran parte delle persone arrestate è

accusata di aver collaborato con Israele, fornendo informazioni e supporto nei giorni dei bombardamenti. Il regime, tra l'altro, ha intensificato le misure di sicurezza nelle zone del paese dove vivono le minoranze etniche.

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