Politica estera

Il piano di Biden per fermare la guerra: cosa può succedere in Medio Oriente

La Casa Bianca predispone piani di emergenza per fermare la guerra e salvare la sua politica estera in Medio Oriente

Il piano di Biden per fermare la guerra: cosa può succedere in Medio Oriente

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Il più grave attacco contro Israele dal 1973 ha colto di sorpresa anche il presidente americano Joe Biden e la sua amministrazione. Appena una settimana fa il suo Consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan affermava che “il Medio Oriente è più tranquillo oggi di quanto non lo sia stato negli ultimi venti anni”. Mentre Israele si risveglia adesso da uno dei giorni più neri della sua storia e valuta tutte le opzioni in risposta alla strage compiuta da Hamas, la Casa Bianca fa i conti con una crisi che la costringe a cambiare i suoi piani di politica estera.

Biden ha già parlato al telefono con il premier Benjamin Netanyahu manifestando la vicinanza degli Stati Uniti e offrendo tutto il supporto possibile al governo e al popolo israeliano. Ancora più chiaro il messaggio del presidente alla nazione. “Israele ha diritto a difendersi, punto” ha affermato aggiungendo che “il sostegno della mia amministrazione alla sua sicurezza è solido come una roccia e incrollabile”.

Il presidente nel suo intervento ha poi lanciato un monito: “Avvertiamo qualunque parte ostile ad Israele a non cercare di avvantaggiarsi da questa situazione”. Il timore è che l’Iran, il nemico giurato di Israele nonché finanziatore di Hamas, possa intraprendere mosse azzardate. Di qui la necessità da parte di Biden di chiarire che ogni tentativo di aprire un altro fronte in questo momento di instabilità verrà affrontato con risolutezza.

Le dimostrazioni di sostegno sembrano archiviare il grande freddo nei rapporti tra Stati Uniti ed Israele. Per mesi Biden ha rifiutato di incontrare Netanyahu. Un segnale inequivocabile della disapprovazione per un governo definito da Biden “il più estremista tra quelli che ho conosciuto”. Solo qualche giorno fa a margine degli incontri per l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York Biden aveva acconsentito ad incontrare il premier dello Stato ebraico. Oggetto dei colloqui erano stati i progressi sui negoziati per la normalizzazione delle relazioni tra Israele e l’Arabia Saudita. Secondo diverse indiscrezioni pare che le trattative avessero quasi raggiunto lo stadio finale.

È adesso proprio su questo fronte che la Casa Bianca deve predisporre un piano di emergenza. L’intesa con i sauditi vacilla. Un segnale arriva dal tono della dichiarazione rilasciata dal ministero degli esteri di Riad che non condanna le azioni dei militanti islamici ma rimprovera agli israeliani “la prolungata occupazione e la privazione dei diritti legittimi del popolo palestinese”.

Chi beneficerebbe dal fallimento delle trattative con i sauditi? Gli esperti sono concordi nel ritenere che l’Iran, il più importante sostenitore di Hamas nonchè nemico storico degli israeliani, sia il vero vincitore di questo scenario. John Hannah, Consigliere per la sicurezza nazionale dell'ex vicepresidente Dick Cheney, sostiene che “la normalizzazione dei rapporti tra Israele ed Arabia Saudita pone una minaccia mortale per il progetto al centro della rivoluzione iraniana: cancellare Israele dalle cartine geografiche”.

Le forze di Tsahal intanto annunciano una lunga controffensiva dagli obiettivi ancora indefiniti. Il timore è che attacchi organizzati dal movimento sciita Hezbollah in Libano, altro grande alleato di Teheran, possano convincere Netanyahu ad infliggere un duro colpo contro l’Iran.

Per la Cnn l’attacco in Medio Oriente è una delle situazioni geopolitiche più delicate della presidenza Biden. La Casa Bianca ne è consapevole ed è probabile che impiegherà i prossimi giorni per cercare di mettere in campo ogni sforzo diplomatico per indurre i Paesi della regione a contenere l’influenza iraniana. Per questo motivo il presidente americano ha già preso contatti con il re di Giordania Abdullah.

L'iniziativa di Biden sarebbe rivolta anche al raggiungimento, in una fase successiva, di un cessate il fuoco. Il precedente risale a due anni fa quando ci furono pesanti scontri tra Israele e Palestina. Il presidente parlò sei volte con Netanyahu e mediò con il suo equivalente palestinese (di fatto solo per la Cisgiordania), Mahmoud Abbas, ed egiziano, Abdel Fattah el-Sisi. L’Egitto e il Qatar si rivelarono inoltre fondamentali per i loro rapporti con Hamas. Nel 2021 l’intervento americano ebbe successo.

Il contesto della crisi attuale appare però più complicato e potrebbe riservare ancora imprevedibili e pericolosi sviluppi.

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