
Dopo gli attacchi iraniani su Israele, lo Stato ebraico è tornato a martellare il Paese degli ayatollah, colpendo numerosi siti nucleari e mettendo nel mirino ancora una volta i vertici dei pasdaran e l'apparato, scienziati su tutti, che sta dietro al programma atomico di Teheran, al punto che Tel Aviv stima di aver ritardato almeno di 2-3 anni le operazioni nucleari iraniane.
Tra la nottata e la giornata di ieri, i sistemi di difesa iraniani sono stati attivati a Est, a Ovest e nel centro di Teheran, oltre che a Karaj, Qom, Tabriz e Isfahan. Diverse «forti esplosioni» sono state registrate un po' ovunque, anche nelle città di Ahvaz e Mahshahr, nel sudovest dell'Iran, al confine con l'Iraq. Il portavoce dell'esercito israeliano ha confermato che i caccia dell'aeronautica hanno dato il via a un attacco contro diverse infrastrutture militari. Cinque membri dei Guardiani della rivoluzione sono stati uccisi in un attacco a Khorramabad, nella provincia del Lorestan, blitz confermato anche da fonti iraniane. Secondo Tel Aviv nei primi nove giorni del nuovo conflitto, almeno 430 persone sono state uccise e 3.500 sono rimaste ferite nei raid israeliani. In
particolare gli ultimi raid hanno messo nel mirino il vero obiettivo dichiarato, ovvero i siti di produzione nucleari. Colpita ancora una volta la base di Isfahan che «ha aggravato i danni alla struttura», dicono da Israele, che ha eliminato un altro scienziato nucleare iraniano, ucciso insieme a sua moglie nella loro casa a Teheran. «Una figura di spicco nel programma atomico». Le operazioni israeliane proseguono sui siti atomici, al punto che il ministro degli Esteri Gideon Saar annuncia: «Abbiamo già ritardato la capacità dell'Iran di ottenere una bomba nucleare di almeno due o tre anni. Abbiamo eliminato le persone che guidavano e facevano avanzare il programma di militarizzazione del programma nucleare». Saar conferma che «faremo quello che dovremo fare, non ci fermeremo fino a che non avremo fatto il possibile per eliminare questa minaccia».
Dopo gli allarmi dei gironi scorsi, il direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica Rafael Grossi ha confermato che «un impianto per la produzione di centrifughe è stato colpito a Isfahan, il terzo impianto del genere ad essere stato preso di mira dagli attacchi israeliani contro i siti
nucleari iraniani la scorsa settimana». Gli altri sono il centro di Ricerca di Teheran e quello nella città di Karaj. A Isfahan, dove venivano realizzati i macchinari per l'arricchimento dell'uranio, Grossi spiega che «non c'era materiale nucleare e quindi non ci saranno conseguenze radiologiche».
Non solo nucleare: l'Idf ha anche comunicato di aver distrutto oltre il 50% dei lanciatori di missili balistici iraniani, con Teheran ora in difficoltà nel lanciare attacchi contro Israele, nonostante il Corpo delle Guardie della Rivoluzione islamica ha annunciato di aver lanciato missili e droni verso il principale aeroporto di Tel Aviv «costringendo gli israeliani a rifugiarsi nei rifugi».
«Il 99% dei droni iraniani lanciati contro il Paese dall'Idf che intanto celebra l'uccisione di Saeed Izadi, capo della divisione palestinese della Forza Quds, una delle menti del massacro del 7 ottobre in Israele avvenuto, secondo Tel Aviv, anche grazie a finanziamenti iraniani. Non a caso, considerato «la testa del serpente» dell'asse del male.