
La "posizione cinese sulla risoluzione politica della crisi ucraina", pubblicata nel primo anniversario della guerra in Ucraina, è stata accolta con freddezza e scetticismo in Occidente. Washington e Bruxelles ritengono che Pechino non sia nelle condizioni di poter rivestire il ruolo di negoziatore, perché velatamente schierata con Mosca, pertanto hanno rispedito al mittente la proposta. Ma ad Astana, la centrale diplomatica dell'Asia centrale, il parere è radicalmente differente.
Una pace che non dispiace
L'Unione europea ha già sentenziato sul programma in dodici punti di Pechino per la risoluzione della crisi ucraina, nonché per il raggiungimento di un modus vivendi tra le grandi potenze, ed è un verdetto negativo. Ma tra i singoli membri prevale la divisione, come ben evidenziato dal caso di Budapest, dove il governo Orbán si è espresso a favore del piano di Xi.
Nel centro dell'Asia centrale, Astana, l'idea generale è che la proposta cinese sia un buon punto di partenza in direzione della trasformazione dello scontro egemonico tra i blocchi in una competizione controllata, perché dotata di un normario, e, dunque, prevedibile. Ed è appunto per il contenuto del punto di vista cinese sull'Ucraina e la crisi globale, una sorta di manifesto per una Transizione multipolare conseguibile attraverso il multilateralismo, che il Kazakistan guarda sorridendo a levante.
Commentando il piano di dodici punti di Xi, icona di pubblico dominio di quella che potrebbe essere la Pax Sinica, il ministero degli Esteri del Kazakistan ha dichiarato che "merita supporto nel suo [voler] contribuire alla cessazione dello spargimento di sangue [...] in accordo coi principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite". Quella proposta da Pechino è una bozza per il raggiungimento di una pace che non dispiace ad Astana, secondo la quale "non c'è alternativa ad una soluzione pacifica, basata sul diritto internazionale e sui principi ONU, di questo problema [la guerra in Ucraina]".
Il mondo secondo Astana
Nella dichiarazione di Astana, una lancia spezzata a favore di Pechino alla vigilia del tour di Anthony Blinken fra Turkestan e India, risaltano gli appelli alla negoziazione e il laconico messaggio di chiusura: un endorsement ad un altro mattoncino della Pax Sinica in-the-making di Xi, ovvero l'Iniziativa di Sicurezza Globale. Endorsement che parla della posizione che il Kazakistan vorrebbe (continuare a) rivestire, cioè di crocevia di multilateralità e interconnettività a vantaggio di ogni viandante e investitore.
Il sostegno ai Dodici punti di Xi, che segue di alcuni giorni la decisione del governo kazako di astenersi dal votare la risoluzione sulla questione ucraina in sede di Assemblea generale delle Nazioni Unite, è la risposta di Astana all'aggravamento della competizione tra grandi potenze. Nella quale il più importante degli –stan vuole evitare di partecipare nelle vesti di soggetto passivo, ovvero di prateria contesa, perché anelante alla difesa del proprio diritto all'autonomia strategica – da ogni blocco –, che in quel di dello spazio postsovietico è nota come multivettorialità.
Autonomia strategica equivale a spalleggiare la resistenza del popolo ucraino, fornendogli assistenza umanitaria – dall'invio di carichi di beni essenziali e medicine alla costruzione delle "iurte dell'invincibilità" –, pur mantenendo l'estraneità per quanto concerne aiuti militari e sgambetti diplomatici, che sarebbero sinonimi di una scelta di campo chiara e netta che Astana, per sensibilità geografiche e realpolitik, non può e non vuole fare – come ribadito da Muhtar Tileuberdi il 28 febbraio, all'arrivo di Blinken, descrivendo il rapporto con Mosca in termini di "alleanza".
Nella visione del mondo di Astana, plasmata dai traumi di età sovietica – la protagonizzazione dell'Internazionale antinucleare come risultato della memoria di Semipalatinsk –, dall'ecumenismo di impronta islamo-cristiana – emblematizzato dal Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali – e da un pacifismo fortemente radicato nella cultura kazaka, le sfere di influenza andrebbero sostituite da spazi di co-prosperità, i disaccordi interstatali risolti attraverso il concerto e le geografie capitalizzate per
produrre benefiche interconnettività. Idee che la diplomazia kazaka persegue con coerenza e ostinatezza, negli ovvi limiti delle sue possibilità, e che l'hanno resa, numeri e fatti alla mano, la locomotiva dell'Asia centrale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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