Lotta alla corruzione. Pressing di Ue e G7 e proteste in piazza. Dietrofront Zelensky

Il presidente costretto a cedere: voleva inserire il controllo politico sulle agenzie

Lotta alla corruzione. Pressing di Ue e G7 e proteste in piazza. Dietrofront Zelensky
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Per la prima volta in tre anni e mezzo di sostegno pressoché incondizionato a Kiev e al suo presidente, Ursula Von der Leyen ieri ha alzato il telefono per chiedere a Zelensky «spiegazioni»: sul «rispetto dello stato di diritto, sulla lotta alla corruzione nel Paese, due principi fondamentali dell’Ue». Colloquio tutt’altro che cordiale, dopo che il Parlamento ucraino, su input del partito di Zelensky, Servitore del popolo (Sn), ha approvato con 263 Sì, 13 No e 13 astenuti la legge che rafforza la supervisione «politica» di due organismi chiave contro la corruzione: l’Ufficio nazionale anticorruzione (Nabu) e l’Ufficio del procuratore specializzato anticorruzione (Sapo) istituiti nel 2014 e nel 2015 per svolgere inchieste indipendenti dal governo, da settimane già delegittimati da Zelensky, che li accusa di infiltrazioni orchestrate da 007 russi.

Zelensky martedì sera ha firmato la legge secondo cui le due agenzie passerebbero di fatto sotto il controllo del procuratore generale, di sua nomina. Da un mese, è Ruslan Kravchenko, fedelissimo, pronto a intervenire nelle indagini del Nabu, riassegnarle ad altri uffici o chiuderle, e perfino togliere poteri al Sapo. A Bruxelles sono andati su tutte le furie, denunciando l’inversione di marcia rispetto agli impegni presi per l’adesione all’Ue. «In quanto Paese candidato, ci si aspetta che l’Ucraina rispetti pienamente gli standard dello Stato di diritto, non può esserci compromesso su questo», ha detto Von der Leyen a Zelensky, secondo un portavoce della Commissione; secco no e «forte preoccupazione». Infine, il dietrofront.

In serata, Zelensky ha infatti annunciato un nuovo disegno di legge che «garantirà la solidità del sistema dello Stato di diritto e non ci sarà alcuna influenza o interferenza russa nelle attività» e «saranno in vigore tutte le norme per l’indipendenza delle istituzioni anticorruzione».

«Seria preoccupazione» era stata espressa anche dagli ambasciatori del G7 a Kiev, che hanno tracciato un limes sui poteri speciali concessi dalla legge marziale: validi finché non compromettono la democrazia e i suoi contrappesi. Di rischio deriva da giorni parlano Ong e stampa indipendente: migliaia di persone in piazza nelle ultime 48 ore contro quella che sembrava davvero una stretta autoritaria.

Da Dnipro a Odessa a Kiev, prime grandi manifestazioni contro il governo in tre anni di guerra. Malgrado le bombe e i missili russi quasi quotidiani, prove di vita democratica e capacità di mobilitazione. Cortei, slogan contro un presidente ammonito dagli Usa ed anche da veterani dell’esercito oltreché dal popolare sindaco della capitale, Klitschko. Al cartellino giallo dell’Ue è seguito l’alert della Repubblica ceca: «L’Ucraina è Europa e il nostro sostegno va al popolo, ma non è mai stato un assegno in bianco per il governo», ha scritto su X il ministro degli Esteri di Praga, Lipavsky. J’accuse anche da Varsavia, secondo cui la legge è «il modo più veloce per perdere il sostegno Ue e degli Stati membri è tornare ai vecchi tempi della corruzione».

E intanto, mentre il Dipartimento di Stato Usa annuncia la vendita di missili e veicoli per la difesa aerea all'Ucraina per 322 milioni di dollari, in Turchia andava in scena il terzo incontro da maggio tra Russia e Ucraina. A Istanbul, posizioni sempre distanti con Kiev che continua a chiedere un «cessate il fuoco immediato».

Ma nel terzo round di colloqui, dialogo e minima apertura a parte per un

incontro tra i due leader, posizioni ancora agli antipodi pure sulla restituzione dei bimbi rapiti. Si chiude solo un’intesa per lo scambio di 1.200 prigionieri per parte. Dopo 40 minuti incontro finito. E non riprenderà .

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