Macron vara il governo Lecornu. Tra la maxi manovra e la censura

Oggi primo consiglio, domani alla Camera. Critiche da destra e sinistra, già pronte alla sfiducia

Macron vara il governo Lecornu. Tra la maxi manovra e la censura
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Tocca a Sébastien Lecornu. Emmanuel Macron vara il suo quinto governo in due anni e per provare a uscire dalle secche di una crisi politica che paralizza la Francia, si affida al suo fedelissimo ex ministro della Difesa. Un esecutivo con 18 ministri, quasi tutti del movimento presidenziale Renaissance, già La République en marche. Primo consiglio dei ministri oggi pomeriggio con Macron, mentre domani il primo ministro terrà il suo discorso di politica generale. Senza necessità di ottenere la fiducia in Aula, ma senza nemmeno poter evitare le critiche. Che sono arrivate a pochi minuti dalla nomina ufficiale, dopo quasi tre settimane di «esplorazione».

Un governo «composto dagli ultimi macronisti aggrappati alla zattera della Medusa» commenta il presidente del Rassemblement National Jordan Bardella. «Lo avevamo detto chiaramente al primo ministro: o si rompe con il passato o si va alla censura» ha scritto su X. Durissimo anche il leader dell'estrema sinistra di La France Insoumise Jean-Luc Mélenchon: «Una sfilata di revenant, l'80% dei quali sono membri di Lr ed ex membri di Lr. Non durerà».

Lecornu risponde chiedendo alla squadra (che si trova con una manovra da 44 miliardi da approvare) di essere «negoziatori». Le novità sono il macronista Roland Lescure all'Economia e il ritorno di Bruno Le Maire alla Difesa. Bruno Retailleau, leader dei Républicains, rimane ministro dell'Interno, mentre il macronista di destra Gérald Darmanin è stato riconfermato alla Giustizia.

Anche gli ex primi ministri Elisabeth Borne e Manuel Valls sono stati confermati all'Istruzione e ai Territori d'Oltremare, così come Jean-Noël Barrot del MoDem come ministro degli Affari Esteri, Catherine Vautrin (Salute e Lavoro) e Rachida Dati dei Répubblicains a ministra della Cultura.

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