
Gli attacchi israeliani e americani agli impianti nucleari iraniani hanno riportato al centro dell'attenzione mondiale il tema della proliferazione nucleare. Mentre gli addetti ai lavori si interrogano sulla possibilità che Teheran possa continuare a lavorare alla costruzione di armi atomiche in gran segreto o che altri Stati più o meno canaglia realizzino che dotarsi di tali armamenti sia l'unico modo per proteggersi da eventuali operazioni di regime change, torna a riaffacciarsi lo spettro di uno scontro tra potenze nucleari. La guerra che metterebbe fine a tutte le guerre, dunque, continua, come in realtà accade dagli esperimenti di Los Alamos in poi, a togliere il sonno a governanti come a semplici cittadini. Ma in che modo si susseguirebbero gli eventi in caso di una malaugurata escalation nucleare?
Ha provato a rispondere a questa domanda il Washington Post che ricostruisce con l'aiuto di esperti e minuto per minuto le principali tappe dello scenario peggiore possibile: un attacco agli Stati Uniti da parte di una non precisata potenza atomica e la conseguente reazione di Washington. "Da qualche parte nel mondo", si legge nell'articolo del quotidiano americano, un nemico degli Usa lancia una serie di missili balistici intercontinentali nucleari. I motori dei vettori emettono "pennacchi di calore" che permettono quasi all'istante la loro individuazione da parte dei satelliti statunitensi gestiti dalla Us Space Force.
Un minuto dopo il lancio dei missili ICBM, i dati rilevati vengono trasmessi dai sistemi di terra all'Air Force Space Command e al North American Aerospace Defense Command (Norad) situato a Colorado Springs, allo Us Strategic Command (Stratcom) presso la base di Offutt a Omaha e al National Command Center (Nmcc) al Pentagono. Nella simulazione presa in considerazione dal Washington Post le squadre dello Stratcom e del Norad in contemporanea forniscono, tra i tre e i quattro minuti dall'inizio dell'allerta, una prima stima di ciò che sta accadendo sulla base delle informazioni disponibili stabilendo con un livello di affidabilità medio che gli Stati Uniti stanno per essere colpiti da un attacco missilistico nucleare.
In questa fase è ancora troppo presto per individuare con certezza gli obiettivi dei dardi atomici. Il tempo però scorre. A cinque minuti dal lancio viene informato il presidente. Il quotidiano Usa lo immagina in volo sull'Air Force One. Qui, squilla una linea telefonica protetta. Dall'altra parte del telefono c'è il comandante dello Stratcom che riferisce la notizia peggiore che il capo della Casa Bianca possa mai ricevere. Il commander in chief si sposta nella sala operativa della fortezza volante. Seduto a capotavola di un lungo tavolo presiede ad una riunione che avrà conseguenze globali.
L'assistente militare del presidente posa la valigetta nucleare - nota anche come nuclear football -, la apre e mostra al leader della prima superpotenza tutto ciò di cui avrà bisogno per ordinare una risposta atomica e le opzioni di attacco contenute nel cosiddetto "libro nero". Possiamo solo immaginare i suoi pensieri in questi frenetici momenti, forse gli ultimi che l'umanità potrebbe avere a disposizione. Ad ogni modo non c'è tempo per realizzare quanto sta avvenendo. Il comandante dello Stratcom è in collegamento video dal bunker di Omaha con la sala operativa dell'Air Force One. Lo sono, se raggiungibili, anche il segretario alla Difesa, il capo di Stato maggiore e altri alti funzionari.
A 10 minuti dal lancio dei missili vengono comunicate nuove informazioni al presidente: il sistema di allerta del Norad conferma che i vettori intercontinentali sono in traiettoria verso gli Stati Uniti e colpiranno il suolo americano tra 12 e 15 minuti. Ancora non definiti i punti di impatto. Il leader Usa è consapevole che il tempo di decidere si avvicina. Il consigliere per la Sicurezza nazionale gli ha appena comunicato che il capo della potenza nemica da cui è partito l'attacco è irraggiungibile. Il commander in chief continua a scorrere la lista di opzioni del "libro nero" e ascolta le raccomandazioni dei suoi consiglieri. Il capo dello Stato maggiore congiunto afferma che colpire la sede del potere e il quartier generale di comando e controllo del nemico con missili balistici intercontinentali potrebbe impedire ulteriori attacchi. Il comandante dello Stratcom suggerisce di colpire i silos di missili balistici, le basi dei bombardieri e le basi sottomarine dell'avversario per fermare nuove ondate.
Non sarebbe necessario ma il segretario alla Difesa ricorda al presidente che è necessario prendere una decisione entro due minuti o gli Stati Uniti potrebbero perdere la capacità di scatenare una rappresaglia. Con tutta probabilità il nemico ha preso di mira proprio i centri in cui sono collocati i missili balistici Usa, altri importanti centri di comando. Forse persino Washington. Tra 17 e 18 minuti dal rilevamento della minaccia in arrivo dal cielo, il capo della Casa Bianca prende la sua decisione - valida anche se la sua squadra di esperti fosse contaria - e comunica il suo ordine al Nmcc al Pentagono: lanciare 300 missili balistici intercontinentali, far decollare i bombardieri e preparare i sottomarini al lancio. Per confermare la sua identità, il presidente legge i suoi codici di riconoscimento indicati su una specie di biglietto da visita in plastica conosciuto come nuclear biscuit. A 20 minuti dalla notizia dell'imminente attacco contro gli Usa, i missili americani sono in volo verso gli obiettivi nemici.
Pochi minuti dopo, i silos missilistici in North Dakota, Montana, Wyoming, Colorado e Nebraska vengono centrati dai missili balistici. Anche Washington, come ipotizzato, viene colpita. Vengono spazzate via la Casa Bianca, il Pentagono, il Congresso, il dipartimento di Stato e la sede della Federal Emergency Management Agency (Fema). Edifici, alberi e persone e qualsiasi altra cosa in un raggio di diverse centinaia di metri dai luoghi dell'esplosione vengono vaporizzate. L'onda d'urto causa gravi danni ad oltre un miglio di distanza. Più di mezzo milione di persone potrebbero morire all'istante. L'intera area attorno alla capitale dove tra gli altri sono situate le sedi della Cia, della Nsa e della Joint Base Andrew, potrebbe essere investita da altri missili.
Ad appena massimo otto minuti dalle deflagrazioni, l'apocalisse nucleare a Washington ha generato nubi di polvere e detriti radioattivi che si estendono nell'atmosfera fino a 12mila metri. Materiale che tornerà sulla Terra sotto forma di fallout radioattivo. A seconda dei venti d'alta quota registrati il giorno dell'attacco, gli effetti delle esplosioni potrebbero raggiungere diverse aree sulla costa est degli Usa. New York inclusa. A ciò si dovrebbero poi aggiungere i danni provocati nelle esplosioni negli Stati Uniti occidentali. La catastrofica simulazione del Washington Post si conclude a meno di un'ora dall'inizio dell'emergenza con l'impatto dei missili balistici Usa su obiettivi nemici. Milioni di morti e contaminazioni di vaste aree del pianeta sono tra le conseguenze di uno scontro nucleare tra potenze. Il fumo delle bombe bloccherebbe il passaggio della luce solare. Per il nostro pianeta inizierebbe così un inverno nucleare. Quanto all'esito di una guerra tra potenze atomiche, nessuna nazione ne uscirebbe vincitrice.