La vittoria del socialista Zohran Mamdani alle elezioni di New York ha galvanizzato la sinistra italiana. In molti, infatti, hanno intravisto nel successo del candidato democratico una speranza di riscatto progressista. Da Elly Schlein - pronta persino a copiare la "tassa Mamdani", sfoderando l'immarcescibile patrimoniale - ad Avs, festeggiamenti senza sosta. Ma si è trattato di un vero trionfo? I numeri, come spiegato sul sito di Nicola Porro, sembrano ridimensionare – e non poco – le motivazioni alla base di tale gioia.
Partiamo dai dati del voto: oltre 2 milioni di elettori si sono recati alle urne e Mamdani si è imposto con il 50 per cento dei consensi, circa 1,1 milioni di voti. Cifre importanti, ma quanto importanti? Come rimarcato da Porro, per rispondere a questa domanda è sufficiente andare a leggere le percentuali delle ultime elezioni presidenziali. Ebbene, la democratica Kamala Harris aveva raccolto il 70 per cento dei consensi, mentre Donald Trump non è andato oltre il 30 per cento. E tutti sappiamo com’è andata a finire: il tycoon ballava sulle note di YMCA, la Harris si leccava le ferite per l’inattesa Caporetto.
Parlare di rivoluzione – ma anche solo di riscossa – è quantomeno esagerato. Mamdani ha vinto nettamente, ma non con percentuali iperboliche, anzi piuttosto modeste. Anzi, persino la Harris è andata meglio di lui. La realtà è molto semplice: New York è un fortino rosso, come Bologna e Firenze da noi.
Che vinca un candidato di sinistra non dovrebbe sorprendere nessuno. Eppure per qualcuno si tratta di un avviso di sfratto a Trump, di un primo passo per la rinascita della sinistra, addirittura di una minaccia al governo di Giorgia Meloni. Forse è arrivato il momento di tornare alla realtà...